A scuola senza libri. Tutto il
nostro sapere affidato a un tablet.
Ambizioso progetto quello di alleggerire le cartelle di bambini e adolescenti
dei pesanti diluvi cartacei che hanno costretto generazioni di task force
multicolor a camminare curvi sotto il peso di zainetti, indubbiamente glamour
ma decisamente dannosi alla colonna vertebrale in crescita. Forse non è
completamente utopistico pensare un’Italia un po’ più moderna, funzionale, e diverte
ancor più l’idea di farlo dai banchi
della Scuola pluri vituperata per le sue vistose carenze, dal precariato al
caro-libri. Collodi probabilmente avrebbe storto il naso al pensiero di una
scuola senza più un libro, degna del suo paese dei balocchi, ma il progetto Book in progress in realtà offre scenari
da non sottovalutare sotto il profilo dell’ottimizzazione del rendimento
scolastico dei nostri ragazzi. Anche i peggiori misoneisti di area tecnologica
sembrano affascinati all’idea di un’innovazione forse pari alla diffusione
dell’apparecchio televisivo anch’esso connesso - prima del suo uso deteriore –
ai migliori propositi di alfabetizzazione e comunicazione. In cosa consiste concretamente il progetto?
Gli insegnanti elaborano delle dispense i cui contenuti sono adatti ai ritmi di
apprendimento dei propri allievi e l’attenzione al percorso umano dello
studente è facilitato anche da un punto di vista economico perché i testi
redatti dai docenti convergono in un tablet,
la cui spesa viene effettuata un’unica volta nell’arco dell’intera carriera
scolastica, a fronte dei consueti 400 annuali, mediamente richiesti alle
famiglie italiane per la dotazione libraria dei propri ragazzi in prima
superiore. Importante però sottolineare che affidare un oggetto tecnologico ad
uno studente giovanissimo non è sufficiente, occorre fornire un contenuto e
soprattutto un preciso progetto di
apprendimento, in alternativa saremmo dinnanzi all’ennesima Play Station, DS e
compagnia ludicheggiante. Sembrerebbe un panorama didatticamente idilliaco ma
occorre esaminarne ogni risvolto. Se è vero che i ragazzi possono a buon
diritto esser definiti “nativi digitali” la mediazione culturale
dell’insegnante è investita di una responsabilità in più. Il docente deve
entrare nell’ottica di una nuova comunicazione e trasmissione del sapere.
Dunque la tecnologia batte trionfalmente gessetti e cimosa e offre nuove sfide
e stimolanti quid nel campo della
conoscenza e del proprio apprendimento. Sorge però un nuovo problema. Le
competenze informatiche dei ragazzi non rischiano di tagliare fuori dal percorso
di formazione scolastica i genitori più attempati? I pionieri del progetto
assicurano che l’ostacolo può essere superato con un po’ di buona volontà e
serietà da parte della famiglia. Tra gli aspetti più vantaggiosi del progetto è
la possibilità da parte degli alunni assenti per valide ragioni, di poter
seguire da casa la lezione in video conferenza, poter porre quesiti
all’insegnante, intervenire ed essere perfino interrogato.
Il progetto Book in Progress è completamente autofinanziato, esso si avvale del
grande risparmio che di anno in anno viene assicurato alla famiglia degli
studenti, la quale si ritrova a dover fronteggiare l’acquisto dell’apparecchio
la cui spesa, a conti fatti, è perfettamente ammortizzata nel tempo. Apri pista
del progetto una modesta scuola della periferia di Brindisi con a capo il
Preside Salvatore Giuliano che, incurante dell’ilare omonimia e della totale
assenza di finanziamenti pubblici, ha raggiunto uno dopo l’altro gli obiettivi
che si era imposto è ha contribuito a far guadare la scuola italiana da fiumi
d’inchiostro da calamaio a panorami più avveniristici in cui, tuttavia, non è
obliterato il fattore umano. E da noi in Sardegna? Vi aggiornerò nei prossimi
articoli. Stay tuned.
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