venerdì 16 agosto 2013

TABLET.UNA SCUOLA SENZA LIBRI.COSA CI ASPETTA

A scuola senza libri. Tutto il nostro sapere affidato a un tablet. Ambizioso progetto quello di alleggerire le cartelle di bambini e adolescenti dei pesanti diluvi cartacei che hanno costretto generazioni di task force multicolor a camminare curvi sotto il peso di zainetti, indubbiamente glamour ma decisamente dannosi alla colonna vertebrale in crescita. Forse non è completamente utopistico pensare un’Italia un po’ più moderna, funzionale, e diverte ancor più  l’idea di farlo dai banchi della Scuola pluri vituperata per le sue vistose carenze, dal precariato al caro-libri. Collodi probabilmente avrebbe storto il naso al pensiero di una scuola senza più un libro, degna del suo paese dei balocchi, ma il progetto Book in progress in realtà offre scenari da non sottovalutare sotto il profilo dell’ottimizzazione del rendimento scolastico dei nostri ragazzi. Anche i peggiori misoneisti di area tecnologica sembrano affascinati all’idea di un’innovazione forse pari alla diffusione dell’apparecchio televisivo anch’esso connesso - prima del suo uso deteriore – ai migliori propositi di alfabetizzazione e comunicazione.  In cosa consiste concretamente il progetto? Gli insegnanti elaborano delle dispense i cui contenuti sono adatti ai ritmi di apprendimento dei propri allievi e l’attenzione al percorso umano dello studente è facilitato anche da un punto di vista economico perché i testi redatti dai docenti convergono in un tablet, la cui spesa viene effettuata un’unica volta nell’arco dell’intera carriera scolastica, a fronte dei consueti 400 annuali, mediamente richiesti alle famiglie italiane per la dotazione libraria dei propri ragazzi in prima superiore. Importante però sottolineare che affidare un oggetto tecnologico ad uno studente giovanissimo non è sufficiente, occorre fornire un contenuto e soprattutto un  preciso progetto di apprendimento, in alternativa saremmo dinnanzi all’ennesima Play Station,  DS e compagnia ludicheggiante. Sembrerebbe un panorama didatticamente idilliaco ma occorre esaminarne ogni risvolto. Se è vero che i ragazzi possono a buon diritto esser definiti “nativi digitali” la mediazione culturale dell’insegnante è investita di una responsabilità in più. Il docente deve entrare nell’ottica di una nuova comunicazione e trasmissione del sapere. Dunque la tecnologia batte trionfalmente gessetti e cimosa e offre nuove sfide e stimolanti quid nel campo della conoscenza e del proprio apprendimento. Sorge però un nuovo problema. Le competenze informatiche dei ragazzi non rischiano di tagliare fuori dal percorso di formazione scolastica i genitori più attempati? I pionieri del progetto assicurano che l’ostacolo può essere superato con un po’ di buona volontà e serietà da parte della famiglia. Tra gli aspetti più vantaggiosi del progetto è la possibilità da parte degli alunni assenti per valide ragioni, di poter seguire da casa la lezione in video conferenza, poter porre quesiti all’insegnante, intervenire ed essere perfino interrogato.

Il progetto Book in Progress è completamente autofinanziato, esso si avvale del grande risparmio che di anno in anno viene assicurato alla famiglia degli studenti, la quale si ritrova a dover fronteggiare l’acquisto dell’apparecchio la cui spesa, a conti fatti, è perfettamente ammortizzata nel tempo. Apri pista del progetto una modesta scuola della periferia di Brindisi con a capo il Preside Salvatore Giuliano che, incurante dell’ilare omonimia e della totale assenza di finanziamenti pubblici, ha raggiunto uno dopo l’altro gli obiettivi che si era imposto è ha contribuito a far guadare la scuola italiana da fiumi d’inchiostro da calamaio a panorami più avveniristici in cui, tuttavia, non è obliterato il fattore umano. E da noi in Sardegna? Vi aggiornerò nei prossimi articoli. Stay tuned. 

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