Partiamo dall’assunto che l’etica
del consumo è una questione seria anche se “Oggi si vanno a
comprare le vesti in Cina, a cercare le perle negli abissi del Mar Rosso e lo
smeraldo nelle viscere della terra. E per di più si è inventato di bucar le
orecchie: non bastava è chiaro portare gioielli al collo, fra i capelli o alle
mani, dovevano essere conficcati” ….non
ho gustato a scrocco le considerazioni dei vecchietti seduti a prender aria
sulle seggiole di raffia lungo il mio ameno quartiere in prossimità del Poetto;
quel che sembra cronaca recente è invece Plinio il Vecchio (23-79 d. C.) che girando gli occhi in
bianco con il suo solito fare tra lo snob e l’anticonformista…ma le sue proverbiali
eruzioni pliniane - in tema di moda - ci stanno…non dimentichiamo che doveva
murrungiare (argomentare) su tutto in tempo reale e un po’ per questo un po’
per la curiosità (che rimproverava alle donne) morì naso all’aria sotto il
Vesuvio che distruggeva Pompei, Ercolano e Stabia. Però Plinio era un dritto e
tra la Filosofia (gentili lettori: quella vera, che possedeva in dimensione
enciclopedica non quella delle squinzie che fanno due cerette in nero e
sostengono di fare “Estetica”), l’Astronomia, l’Antropologia, la Psicologia e
la Metallurgia era anche un perfetto conoscitore dei segreti dell’Erboristeria
e dei relativi prodigi cosmetici e medicamentosi delle erbe. Analogo discorso
non si può certo fare per la stragrande maggioranza delle profumiere barra
erboriste barra commesse pitturate e assistenti all’immagine di tante farmacie
fashion del capoluogo sardo. Non è facile ne piacevole combattere la propria
allergia al nichel in pieno luglio, torrido e africano della magnifica nostra
città, ma, sì sa, le fanciulle adorano lo shopping, un po’ oltre la norma
considerando che i cromosomi italiani custodiscono i geni della moda (ragazzi
questa è scienza, che si può fare?!) e un po’ perché ogni istanza dell’epoca
moderna è basata su significativi dosaggi di follìa: dal tifo negli stadi, dal
rifiuto di Dio perché non c’è e non si vede ma la corsa agli oroscopi che
invece è razionalissima (mah?), potremmo antiteticamente continuare per ore,
mentre – naturalmente – giriamo per profumerie e affini. In mezzo a cotanta
geremiade circa l’universo beauty per me sale sul podio la piaga della make up
assistant che ti venderebbe anche la mamma, che in termini di marketing ha una
controproduttività pari solo all’esposizione di un prodotto scaduto da dieci
anni a pari merito con la quasi sistematica ignoranza della commessina
pitturata che non capisce assolutamente nulla di epidermide e allergie. Perché
dovrei credere che mi ami come la tua gemella omozigote se mi vuoi far cadere
la pelle a pezzi? Bene, vie del centro e rughe urbane a scendere sono
sistemate: parliamo dei centri commerciali. E’ dell’altro giorno la tristissima
esperienza presso la profumeria-erboristeria barra tutto quello che si vuole
visto che c’erano pure taccuini e spugnette, in cui mi sono avventurata perché
il complesso commerciale aiuta a risparmiare tanto tempo. Dopo aver dovuto
spendere parecchi quattrini per prodotti che non mi scorticassero viso e corpo
per via di INCI dubbi e molesti (chiaramente non suggeriti dall’assistente, non
sia mai che sprechino una parola più del dovuto quando sanno che l’acquisto è
sicuro) mi reco alla cassa e dopo aver pagato chiedo la cortesia di qualche
CAMPIONCINO dimostrativo di profumi che non mi facciano sanguinare i pori del
collo come spesso capita con alcool, eau de toilette & consimili. Mai
l’avessi fatto: chiaramente li aveva terminati due nanosecondi prima, in tutta
risposta mi ha chiesto di tendere il braccio (e la tentazione di sferrarle un
gancio è stata abbastanza forte) e mi ha spruzzato un flacone COMMERCIABILE
(ladra, perché magari un’ignara signora l’ha acquistato a prezzo pieno due
istanti dopo), nel chiaro tentativo di rifilarmi un impiastro alcoolico che
sapeva di cane bagnato sul quale neppure il Nelsen piatti ha potuto molto. Sì,
la triste piaga del campione dimostrativo con cui commesse e commessuole fanno
gli onori di casa ad amiche varie, anche se il dubbio di un commercio parallelo
è sempre più fondato ohimè. Ma veniamo alle note rosee: la “Easy Beauty” di
Pirri, un’oasi cosmetica che ricorda le botteghe d’epoca, che riempie il cuore
di calore e dove hai la sensazione di prendere un the con tua sorella più
saggia che ti da’ tanti consigli e se non trovi nulla al caso tuo ti dice con
precisione quando potrai tornare a colpo sicuro. Erano anni anni e anni di
onorato shopping che non mi accadeva…e a fine acquisto, manco a dirlo: arrivano
gli agognati campioncini. Umanità, calore e senso dell’etica del consumo con relativa convenienza. Questo ho trovato
a “Easy Beauty”.
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