martedì 30 luglio 2013

DA ZIGMUNT BAUMANN A VALENTINA MURA. NOI AI TEMPI DELLA POP ECONOMY

Allacciatevi le cinture di sicurezza stiamo per intervistare Valentina Mura, il cui imperativo categorico è evitare le audaci traiettorie del buonismo politically correct..e siccome di affettazione vacua ce n’è assai – ma se da quella intellettuale cari lettori sappiamo ben difenderci e da quella in ambito lavorativo abbiamo aguzzato le nostre sapienti vibrisse – ma se a farne le spese rischia di essere il nostro affaticato bilancio di fine mese beh urge la consulenza sincera di Valentina, profonda conoscitrice dell’arte del ben vivere e incubo di ogni amatoriale shopping assistant estemporanea. Avete presente quando entrate in quei fantastici empori farmaceutici in cui sembra ci sia selezione all’ ingresso e dopo esservi fatte ubriacare dalla panterona onnisciente con tacco 12 e unghie a stiletto a cui confidate fiduciose la piaga della vostra allergia al nichel e lei guardandovi da mezzo metro di distanza (e già questo dovrebbe insospettirvi) vi dice che “no, occhio e croce quelle piaghette sono indubbiamente allergia al gatto” (che non possedete).. Dopo avervi rifilato l’impossibile, allo scoccare dello scontrino cinguettante dalla cassa, allora e solo allora, scoprite che l’ unico titolo faticosamente sudato dalla signora (e qui ci crediamo!) è quello di essere la moglie del titolare…farmacista di riflesso insomma…Bene, credo che la genesi de L’Urlo di Munch sia più o meno questa. Siamo gente elegante perché altrimenti il desiderio di scuotere la polvere da quelle eleganti terga a suon di pedate sarebbe parecchia. Tendenza dell’estate 2013, assieme agli orecchini a pastiglia e agli anelli a meza falange, è , infatti, improvvisarsi make up artist e shopping assistant.  Davanti a tali piaghe di quotidiana routine ci viene in soccorso Valentina Mura, cosmopolita e sofisticata docente di Lingue e Letterature Moderne Euroamericane,  co-padrona di Micia, adorabile gattina mielata, distinta pure lei. Vivere con classe pervade lo spirito della verace intellettuale barbaricina dallo charme indiscutibile che, notoriamente, non le manda a dire, senza manierismi ma con quella grazia strutturata dal sereno modus vivendi di chi non deve dimostrare alcunché con lo shopping compulsivo  e che al contempo non intende farsi prendere per il naso, fosse pure dall’innocua ma agguerrita dimostratrice del supermercato che certo non ha la nostra epidermide come prima preoccupazione col caffè mattutino, ma neanche la seconda, e neanche la terza. Perché ricordiamoci, qualora la crisi non lo faccia abbastanza, che l’etica del consumo è affar serio e Valentina, anche in questo, è ottima dispensatrice di saperi, un po’ per via del suo cosmopolitismo, un po’ per via del suo spirito critico e molto per via della sua solida struttura culturale.  Per questo ci piace. Valentina, fin da tempi non sospetti, ha denunciato a mezzo social network, le coordinate rivelatrici di un tratto distintivo della cultura contemporanea: la realtà dell’acquisto compulsivo di prodotti perfettamente inutili. L’obiettivo della nostra intervista è delineare un quadro entomologico senza elaborare una morale, e ci mancherebbe, ma dispensare tanti rapidi consigli per appannare gli specchietti per le allodole di chi ce sta a prova’ con i nostri risparmi.
D: Bene Valentina, coi tempi che corrono non mi stupirei se anche l’Appannatore di specchietti per le Allodole divenisse una professione con tanto di albo. Tu lo fai egregiamente e gratis da che ho memoria. Sembri atterrita dalla logica imperante del “voglio quelle scarpe, le voglio tutte, le voglio adesso, altrimenti la mia vita non ha più senso”. Naturalmente l’articolo può essere sostituito con ogni bene acquistabile. Come ti spieghi questo bisogno di superfluo proprio ora che la crisi economica è un capestro sempre più stretto?
V: Il problema del concetto di "superfluo" è che è relativo, e quindi lo si può rendere inoffensivo se ci si dota (spesso inconsciamente) di un armamentario di scusanti tipiche, che non sto qui a elencare; ciò che mi lascia maggiormente perplessa è l'uso del termine "bisogno", quasi fosse impossibile ammettere che il bene acquistabile sia in realtà un puro sfizio, un capriccio. Chiunque, ogni tanto, si dota di una qualunque "scemenza" a basso costo (sì insomma, quelle cose che cominciano per "c", finiscono in "e" e in mezzo hanno una "g" e una "t") per premiarsi dopo aver superato un esame, consolarsi o tirarsi su di morale. In generale non c'è niente di drammatico nel bisogno di superfluo, quando è sintomo di una voglia di leggerezza, o di evasione, specie in un periodo economicamente difficile. Il "lipstick effect"esiste da decenni ed è umanamente comprensibile, ma chiamiamo le cose col loro nome: ciò che critico io è la normalizzazione dell'acquisto idiota, la sua ripetizione compulsiva anche qualora il portafoglio non lo permetta, il consumo come unica reazione al bisogno di cui parlavamo. Per esempio, ritengo estremamente stupido fare economie sul cibo per potersi permettere l'acquisto di un capo firmato. Penso non ci sia bisogno di ribadire quanta influenza, all'interno della società dei consumi, i tagli all'istruzione e l'onnipresente pubblicità abbiano esercitato sulla ripartizione dei bisogni in primari e secondari (sino ad arrivare ai non-bisogni).
D: Tu sei sostenitrice convinta di una pratica non troppo diffusa: l’acquisto con criterio. Cosa pensi dei video review che affollano YT realizzate da ragazze che danno consigli per gli acquisti?
V: Ne ho guardati diversi giusto per curiosità, ma francamente dopo un minuto mi avevano già annoiato, nel migliore dei casi, o infastidito per l'inutilità dei discorsi, la poca dimestichezza con la grammatica italiana o con l'INCI o perché in contrasto coi miei criteri di giudizio sui cosmetici. Per quanto efficace sia un prodotto, la resa è differente da persona a persona, e per quanto mi riguarda preferisco informarmi sui forum, dove vengono riportati numerosi commenti e in genere non si ha nessun interesse a pubblicizzare una marca. Mi domando quanto sia sottile il confine tra recensione e pubblicità nella testa di queste ragazze, e di chi le segue.
D: Prodotti Bio? Una moda o risultati efficaci?
V: Per quanto mi riguarda i risultati sono assolutamente efficaci: soffrivo di continui e fastidiosi problemi di pelle che mi rendevano la vita difficile, ma li ho risolti, nel corso degli anni, studiando le composizioni dei prodotti cosmetici e di igiene e optando per quelli dall'INCI ecologico e, se possibile, anche biologico.
Da questo interesse è poi nata la passione per l'auto-produzione (che in gergo chiamiamo “spignatto”): non c'è niente di più soddisfacente dell'ideare una crema e riuscire a realizzare un prodotto gradevole e funzionale!  I vantaggi del bio sono molteplici, sia per il nostro corpo che per l'ambiente, dove va a finire tutto ciò che scende giù per le tubature di casa nostra, non dimentichiamolo. Non tornerei mai più indietro!
Come tutte le tendenze di consumo, anche il bio è vittima della moda: in attesa di una seria regolamentazione delle diciture, possiamo cascare nell'inganno dei prodotti pubblicizzati come “naturali” ma formulati con ingredienti aggressivi e inquinanti. Il consumatore attento può difendersi solamente imparando a leggere le etichette e studiando gli ingredienti in essa riportati.
D:  Celiachia e allergia al nichel oggi diffusissime: quali prodotti consigli per non rinunciare ad un’alimentazione sana e ricca di gusto e alla propria bellezza?

V: Celiaci o no è bene limitare l'acquisto di prodotti già pronti, e tentare di farseli da sé: su internet non mancano i blog e i forum di ricette, dove ci si scambiano numerosi consigli e astuzie per riuscire a combinare qualcosa di buono persino con le infide farine senza glutine! Consumo regolarmente cereali integrali in chicco (quinoa, grano saraceno, amaranto, diversi tipi di riso, miglio) ma mi rendo conto che spesso l'abitudine vince sulla curiosità di provare nuovi gusti. Non riuscirei a mangiare ogni giorno le stesse cose, non è salutare e per giunta è noioso. Più complicata è la gestione di una dieta senza nichel, ci sono passata ed è più frustrante di quella senza glutine ma, almeno, nei casi più leggeri come il mio, regredisce sino a quasi scomparire. Dopo aver vissuto il dramma dei costosi e sintetici cosmetici venduti in farmacia, son passata gradualmente all'eco-bio, prima usando prodotti semplici come le saponette neutre, il burro di karitè e il gel d'aloe, poi allargando la ricerca a prodotti che, pur non essendo testati, non procuravano reazioni allergiche per via della loro formulazione delicata. Per una lista di marche eco-bio adatte ai soggetti allergici, consiglio la lettura approfondita del forum http://forum.saicosatispalmi.org/ che mi ha aiutata nella difficile transizione verso una pelle più sana, nel rispetto dell'ambiente  e degli animali.


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