mercoledì 14 agosto 2013

L'adultizzazione precoce. L'opinione della Psicoterapeuta dell'età evolutiva

Durante un noto Talent Baby televisivo una bimba erompe in un pianto implacabile dopo la sentenza di uno dei giurati in merito alla sua performance. Mentre la rete continua a raccogliere insulti, curiosamente osserviamo come il Bel Paese sia forse l’ultimo in Europa a denunciare il fenomeno dello stress da competizione dei minori. Il ministro della Solidarietà francese Roselyne Bachelot, avvalendosi di un’equipe di genitori e psicologi, ha preso in mano le redini della situazione proponendo come attività scolastica la sensibilizzazione al “Diritto all’infanzia”. L’allarme è arrivato anche d’oltremanica, dove il premier inglese Cameron si espone veementemente contro la sessualizzazione precoce, con il suo slogan: Let the Children be Children (lasciamo che i bambini siano bambini). L’incipiente surclassamento della bambola Barbie dal mercato a favore delle più recenti Bratz, iper femminili e provocanti, sembrerebbe suggerire che la figura dell’americana bambolina nerd sia troppo impegnativa davanti alla bambola dai labbroni e super ingioiellata, che sembra proporre alla bambina scorciatoie di maggior successo sociale. Forse la nostra è solo una delle ipotesi possibili ma sembra sempre più evidente che lo snodo capitale del fenomeno sia esclusivamente di carattere economico: accorciare al minimo canonico il lasso di età che distanzia la persona dall’essere bisognosa di tutto (come in età infantile) all’essere acquirente, desiderare, chiedere e soprattutto spendere. Il Portico cerca di dar luce alla questione con l’aiuto della Psicoterapeuta dell’età evolutiva Gloria Putzolu. Oltre lo spettacolo anche il mondo dello sport è intriso di spirito agonistico. Tanti bambini praticano uno sport e vivono serenamente lo spirito di gara. Dove risiede, dunque la differenza? È fondamentale analizzare il contesto sociale e culturale attorno al quale si sviluppa un certo interesse o un certo hobby; il ruolo della famiglia e in particolare dei care giver. Vivere lo sport in maniera agonistica di per sé non è negativo, lo sviluppo integrale del bambino infatti deve passare anche attraverso l’impegno nel raggiungere determinati traguardi, basta non viverli in maniera ossessiva, devono essere infatti accompagnati dall’accettazione dei propri limiti, dal sapersi confrontare con una sconfitta, con la conseguente sana frustrazione che ne deriva. Ciò dipende da come il genitore fa vivere tutto questo al proprio figlio, facendolo sentire accettato anche e soprattutto coi propri limiti. Cosa si nasconde dietro il fenomeno, ormai evidente, dell'adultizzazione precoce? Una delle spiegazioni, prima che in seno alla società, è da ricercarsi nella famiglia. Le ambizioni di alcuni genitori possono falsare la demarcazione tra realtà e finzione, tra oggettività e sogno, arrivando a vedere nei propri figli dei geni del pianoforte o degli atleti da massacrare di quotidiani, faticosi allenamenti. Tutto questo fa perdere all’attività i suoi obiettivi primari, cioè far divertire, condividere, socializzare, crescere in armonia. Questo toglie tempo al gioco puro e all’evasione, sacri diritti dell’infanzia. Perché l'abbattimento del limite temporale tra mamme e figlie? Come incide tale atteggiamento della genitrice sull'identità del bambino? Occorre stare attenti a non demonizzare tout court un rapporto che potrebbe essere semplicemente d’armonia tra madre e figlia, di confidenza”sana”, in una relazione che arricchisce entrambe, ciascuna nel proprio ruolo, con confini distinti. I confini, detti in gergo, “diffusi” creano i primi scricchiolii. Le madri non ancora svincolate dal proprio stato di figlie possono indurre una realtà relazionale per così dire “triangolata”, una dimensione disfunzionale, come accade in quelle famiglie che la letterature definisce”a transazione schizofrenica”, quelle in cui uno dei genitori si allea con i figli contro l’altro genitore. Gli insegnanti della scuola primaria si trovano spesso a fare i funamboli semantici per proporre un giudizio didattico che non leda la dignità del bambino ma gli stessi genitori non battono ciglio davanti al gravame psicologico cui il figlio è esposto in occasione di simili spettacoli. Che considerazioni sente di poter fare in proposito? Stiamo parlando di genitori che dimostrano di non conoscere i limiti del proprio bambino, la conseguenza è l’atto di caricare eccessivamente il figlio di aspettative che, se disattese, provocheranno frustrazione, con un ritiro (“non mi espongo così non sbaglio”) o, per contro, un “andare contro” per reazione al fallimento (“faccio come voglio io, non come vogliono i miei genitori”). Le due estremizzazioni possono portare a difficoltà più o meno vaste e continuative.






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