lunedì 23 dicembre 2013

Fabio Fazio: nuovo addetto stampa di Renzi.

Mentre Berta filava in attesa che i ravioli cuocessero per Pipino e Carletto Magno finisse di giocare nel box probabilmente già assisteva alle teletrasmissioni siglate dai poteri forti. Oggi, a qualche lustro di distanza, manteniamo la felice tradizione. Del resto, una grande civiltà si riconosce nell’alto numero di tradizioni che essa annovera in seno alla propria cultura e in Italia non ci batte nessuno in quanto a solerte attaccamento alla tradizione popolare. Di che stupirsi dunque se l’infotainment della Rai Tre di prima serata è un prolungamento animato dell’agenda di Fonzies dalla “c” aspirata, che fa tanto  brand fiorentino spendibile cinque stagioni l’anno. Renato Brunetta, scordando i trascorsi minzoliniani accusa male il colpo della sovraesposizione del neo segretario del PD sulla rete pubblica e se ne lamenta in un duello all’arma bianca con l’imperatore di Rai Tre che, c’è da scommetterci, continuerà la singolar tenzone per le investiture saltando à a piè pari la sua Canossa presso Papa Brunetta che pochi minuti fa non ha saputo risparmiarsi l’ennesima boutade all’indirizzo di Fazio. Fu vera gloria?

lunedì 16 dicembre 2013

domenica 15 dicembre 2013

Mauro Pili: "TUTTO GRAVERA' SUL BILANCIO REGIONALE"

Deputato Unidos, tutto gravera' su bilancio Regione (ANSA) - CAGLIARI, 15 DIC - Con un emendamento appena presentato in commissione Bilancio alla Camera, il Governo da' il via libera alla modifica dell'art.10 dello Statuto della Regione Sardegna, aprendo di fatto la strada alla fiscalita' di vantaggio, "ma - denuncia il deputato Mauro Pili di Unidos (ex Pdl) - scrive in maniera esplicita che ogni taglio alle tasse dovra' gravare sul bilancio regionale". "In pratica - spiega il parlamentare sardo - il Governo scarica la Sardegna e non riconosce in alcuna maniera alcun riequilibro dovuto agli svantaggi dell'insularita'. La Regione, dunque, e' libera di applicare qualsiasi tipo di taglio fiscale ma non avra' alcuna compensazione dallo Stato. Ed difficile - sottolinea Pili - che con un bilancio gia' in rosso la Regione possa decidere per le sforbiciate. Ora non resta che una grande causa alla Corte di Giustizia europea per il risarcimento del divario insulare". "La proposta di modifica dell'art. 10 - si legge nella relazione tecnica del Governo - si sostanza nella possibilita' di prevedere agevolazioni fiscali, esenzioni, detrazioni di imposta, deduzioni dalla base imponibile e concedere, con oneri a carico del bilancio regionale, contributi da utilizzare in compensazione ai sensi della legislazione statale; consentirebbe altresi' alla Regione di modificare le aliquote in aumento entro i valori massimi di imposizione stabiliti dalla normativa statale o in diminuzione fino ad azzerarle. Nel rispetto della normativa statale e comunitaria - prosegue la relazione - la proposta di revisione dell'art. 10 dello Statuto non determina maggiori oneri a carico della finanza pubblica, considerato che le agevolazioni che la Regione puo' applicare sono a carico del proprio bilancio". "Qualcuno tentera' di gridare alla liberta' fiscale in realta' - conclude Pili - e con onesta' bisognera' prendere atto di un vero e proprio tentativo dello Stato di scaricare ulteriormente la Sardegna". (ANSA)

ULTIM'ORA. PILI: IL GOVERNO SCARICA LA SARDEGNA ANCHE NELLA FISCALITÀ. PAGATEVI I VANTAGGI FISCALI

Dichiarazione del deputato sardo di Unidos, Mauro Pili subito dopo la presentazione, poco fa, da parte del governo del l'emendamento alla legge di stabilità.

"Con un emendamento appena presentato in Commissione Bilancio alla Camera il Governo da il via libera alla modifica dell'art.10 dello Statuto della Regione ma scrive in maniera esplicita che ogni taglio alle tasse dovrà gravare sul bilancio della Regione. Si tratta dell''ennesima fuga dalle responsabilità del governo. È evidente che sarà impossibile per la Regione qualsiasi taglio fiscale da far gravare su un bilancio già in rosso. La fiscalità di riequilibrio doveva essere coperta dallo Stato proprio per via del divario insulare. Così facendo lo Stato scarica tutto sulla regione che potrà si tagliare le tasse ma se lo vorrà fare dovrà tagliare servizi e investimenti. Insomma un vero e proprio suicidio economico. Un possibile taglio della fiscalità a carico della Regione non costituirà da solo un'attrazione economica visto il costo esorbitante di energia e trasporti. Lo Stato, dunque, con questo passaggio si lava definitivamente le mani dalla questione del riequilibrio insulare. Accettare questo totale disimpegno dello Stato significa non mettere Il governo davanti alle proprie responsabilità. Da una parte lo Stato nega i fondi per le alluvioni, nemmeno un euro, e dall'altra scarica la Regione sotto ogni punto di vista. Apparentemente più liberi, ma in realtà costretti a pagare ogni onere dell'insularitá che doveva gravare su Stato e Europa. Ora non resta che una grande causa alla Corte di Giustizia europea per il risarcimento del divario insulare. Nella norma proposta non si chiarisce, infine, se siano necessarie norme di attuazione ma é altrettanto certo che tale passaggio sarà drammaticamente a carico della Regione. Elemento che il governo ribadisce in tutti i modi sia nella norma che nella relazione di accompagnamento. Qualcuno tenterà di gridare alla libertà fiscale in realtà e con onestá bisognerà prendere atto di un vero e proprio tentativo dello Stato di scaricare ulteriormente la Sardegna". 

giovedì 12 dicembre 2013

iMiglioraMenti: Una firma sulla Bibbia svela l’Einstein religioso...

iMiglioraMenti: Una firma sulla Bibbia svela l’Einstein religioso...: Il reperto messo all'asta a New york Un’iscrizione a mano su una Bibbia degli anni Trenta apre una finestra sulla religiosità di A...

Una firma sulla Bibbia svela l’Einstein religioso

Il reperto messo all'asta a New york
Un’iscrizione a mano su una Bibbia degli anni Trenta apre una finestra sulla religiosità di Albert Einstein. “La Bibbia è una grande fonte di saggezza e consolazione, deve essere letta frequentemente” scrive di proprio pugno lo scienziato ebreo tedesco, firmando assieme alla moglie Elsa, il libro sacro che nel 1932 regalarono ad un’amica americana di noma Harriet Hamilton. Si tratta di una rara traccia del rapporto fra la fede e il premio Nobel per la Fisica autore della teoria della relatività, scomparso nel 1955.  
In genere si ritiene Einsten che sia stato sempre lontano dalla religione, alcuni storici hanno attribuito in passato tale atteggiamento ad una reazione all’Olocausto nazista in Germania e una prova di tale atteggiamento viene dalla lettera che scrisse nel 1954 al filosofo Eric Gutkind definendo la Bibbia “una collezione onorevole ma di leggende primitive molto infantili”. In realtà la frase scritta sulla Bibbia, venduta all’asta a New York questa settimana, suggerisce che il suo sentimento sulla religione è stato più articolato. “Ogni opinione espressa da Einstein sulla Bibbia è di estremo interesse” commenta Christina Geiger, direttore del Dipartimento manoscritti rari della casa d’aste Bonhams di New York dove il libro è stato messo in vendita per 1500 dollari ed ha raggiunto 68500 dollari al momento dell’assegnazione definitiva.  f. la Stampa

giovedì 5 dicembre 2013

A 10 lustri esatti dall' INTER MIRIFICA 04 XII 1963

Per festeggiare i primi 50 anni dell’ Inter Mirifica, decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II sui mezzi di comunicazione sociale (1963) parliamo degli approdi comunicativi postmoderni che i Padri Conciliari non potevano valutare in termini di trasmissione della verità: i social network

Che posto ha il Vangelo nell’era digitale e della grande Rete? Nell’era dei social network pervasivi che occupano tutta la scena, per cui oggi uno si distingue dall’altro solo se è connesso oppure no? Le tecnologie e i processi che esse inducono possono essere dominati se si impara a conoscerli, Ma occorre indagare il rapporto tra tecnica e verità dell’esperienza. È già capitato qualcosa di simile quando il microfono è entrato nelle chiese. L’uso del microfono, anche se questo potrebbe destare un po’ di ilarità, ha cambiato la liturgia. Il sacerdote ha dovuto rivolgersi verso i fedeli anziché verso l’altare. È cambiata la struttura delle chiese, almeno quelle nuove, perché la vecchia architettura aveva una funzione anche acustica, che con il microfono è stata resa inutile. Il rapporto tra tecnica e verità, dunque, è più complicato di quello che pensiamo e, in qualche modo, inevitabile. Le tecnologie non vanno subìte, ma reinterpretate creativamente. I social network sono una svolta sociale, impongono un mutamento di direzione che va colto e valorizzato, puntando per esempio sull’essere con piuttosto che sull’esserci nella Rete. Dello stesso avviso è Benedetto XVI quando osserva che l’interconnessione nell’ambiente digitale può essere una condizione importante sebbene non sufficiente per la collaborazione della famiglia umana. Nel tempo è cambiata la concezione dei media. Oggi non sono più solo strumenti per comunicare, ma parte integrante dell’ambiente. I media non hanno più confini, le cosiddette piattaforme sono sparite, oggi la tv si vede anche sul telefonino, la radio si ascolta sul computer. È un bene o un male? Presto per dirlo: si sono andate sviluppando alcune capacità, per esempio la velocità e l’interazione, e indebolite altre, per esempio la riflessione, la concentrazione, l’esperienza di dare una gerarchia alle informazioni, l’intelligenza di prendere le distanze dall’immediatezza. Occorrerebbe imparare ad essere contemporaneamente dentro e fuori i media. Se si sta troppo dentro non ci si rende conto di ciò che accade, come il pesce non si rende conto dell’acqua; se si sta troppo fuori si diventa deficitari dal punto di vista tecnologico e si rischia di non cogliere i mutamenti in atto. Tornando ai social network: il 90 per cento dei giovani tra i 14 e i 29 anni è iscritto a Facebook, che è il social network più articolato e consente operazioni più complesse rispetto agli altri. E lì si costruiscono una identità. Ma il messaggio è la relazione, cioè amicizia, prossimità, conoscenza, autoaffermazione, visibilità. Tutto ciò che se non è adeguatamente affrontato degenera in nuove povertà. La Chiesa lì dentro ascolta e dialoga. Può contribuire a rinnovare la cultura e a rinnovarsi. Può, soprattutto, testimoniare.


mercoledì 4 dicembre 2013

Juventus-Udinese. Quando i bambini fanno ohhhh..

Sembrerebbero emergere facili gli allarmismi di un’inciviltà senza requie e senza punto di ritorno davanti all’episodio appena occorso di Juventus – Udinese, ma mica è tanto vero. Siamo molto meno moralisti di quel che diamo ad intendere, Malagò docet. Non ne farei una questione antropologica e certamente non colpevolizzerei padri e madri menefreghisti ma, al tempo stesso, mi chiederei sinceramente perché per giovani e giovanissimi lo sport da stadio faccia il paio col turpiloquio. C’è più di qualcosa che non torna e la responsabilità è completamente dei genitori solo nel momento in cui si minimizza sul rimedio. Non è il momento giusto di fare spallucce, e lo spirito di caserma non lo si neutralizza solo con lo sventolio delle bandiere arcobaleno. Una proposta tra le altre? Condivisibile l’idea della giornalista Lucarelli. Non ci vuole Maria Montessori, o peggio, un plotone di psicoterapeuti da talk show per capire che occorra una giusta correzione per cui un genitore responsabile bene farebbe a portare i cari pargoletti a raccogliere cartacce allo stadio, fino all’ultima Pringless frantumata…così, ad edificazione popolare e a memento futuro. 

martedì 3 dicembre 2013

Tra Progressisti e Tradizionalisti la speranza individualista di Fabrice Hadjadj.

Salvare, oggi, è l’ossessione di quelli che utilizzano i computer. Nella mia lingua, il francese, si dice piuttosto “registrare”, o anche “salvaguardare”. Ma è interessante notare coma nella lingua informatica, e anche in italiano, si dica to save, salvare, azione che riguarda non le anime ma i documenti. La “salvezza” si trova nel menù “file”, o nella barra degli strumenti. È rappresentata non da una croce, ma da un dischetto.
Tuttavia la vera salvezza non si applica alle cose, ma alle persone. Non bisogna ricordarlo soltanto agli informatici, ma anche a certi cattolici tradizionalisti: la preservazione della dottrina, il salvataggio della bella liturgia, il richiamo delle regole morali ha valore soltanto nella misura in cui questo ordine delle cose serve alla salvezza delle persone. Bisogna ricordarlo anche a certi progressisti: è in gioco la salvezza delle persone, e non la realizzazione di un ideale sociale, di un’utopia politica, di un tutto egualitario. La via è stretta perché si passa uno dopo l’altro. La salvezza non conosce la massa. Ciò a cui mira è non-totalizzabile. Tanto che non è completamente giusto dire che Cristo salva “l’umanità”: Egli salva Pietro, Paolo, Giacomo, eccetera, ed è in questo che custodisce l’umanità, nella sua diversità stessa, coi piccoli e i grandi, i magri e i grassi, i deboli e i forti. La sua promessa è rivolta ai nomi propri, e non ai nomi comuni. Del resto. è proprio quello che ricorda Gesù dopo la missione dei settantadue discepoli: «Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10, 20). La gioia apostolica non sta nell’avere sottomesso i popoli a una Legge comune, ma nell’eternità dei nomi propri. La grazia consente di non vedere più la Legge come una regola immutabile, ma di viverla come la condizione di un incontro, di un dialogo, di un’intimità col Creatore e, di conseguenza, con ciascuna delle sue creature.
È questo anche il senso della parola: «Il sabato è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato» (Mc 2; 27). La missione non ha per fine di mettere gli uomini al servizio dei dogmi e dei sacramenti, ma di mettere i dogmi e i sacramenti al servizio degli uomini, perché dogmi e sacramenti mirano a compiere non il trionfo di una dottrina, ma la salvezza di ogni volto nella sua singolarità. Ecco perché la Sapienza è una persona. Ed ecco perché il Libro dei Proverbi rievoca la Sapienza sotto il segno di una moltitudine concreta e irriducibile e non di una teoria astratta e uniformizzante: «Ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola» (Pr 9, 2).
Le tavole della Legge sono subordinate al tavolo del festino. Il tavolo del festino è l’esatto contrario di un’ideologia riduttrice o di uno schermo che pretende di assorbire il mondo. È il luogo dove fiorisce la molteplicità incomparabile e non-totalizzabile dei volti. C’è da bere e da mangiare. Ci sono fedeli e anche alcuni traditori. Ci sono conversazioni che si trasformano in preghiere di supplica e in canti di lode. Questo convivio intorno alla Sapienza incarnata, ecco ciò che annunciamo (ed è interessante osservare come l’impresa della Mela Morsicata abbia usurpato il termine di “convivialità” per designare, non la presenza del Logos fatto carne, ma l’efficacia di un software).
Si può ora afferrare meglio la necessità della povertà evangelica, e cioè perché gli inviati siano poveri nella loro difesa, poveri nella loro attrezzatura, e poveri nel loro messaggio. Poveri nella loro difesa, prima di tutto. Sono agnelli in mezzo ai lupi: si espongono alla morte. È la condizione di una vera presenza. Questo si vede spesso durante un funerale: d’un tratto, a causa della consapevolezza della morte e dell’impotenza, le persone lontane si riavvicinano, i superficiali diventano profondi, le relazioni nella famiglia non sono mai state tanto semplici e vivaci. Ma per i discepoli non si tratta solamente della coscienza della morte, si tratta di essere pronti a testimoniare per la vita fino in fondo. Non si può parlare di Colui che è la Vita e la Risurrezione solamente con la bocca. Bisogna parlarne con la lacerazione del cuore. Non voglio intendere con questo una esaltazione sentimentale, ma un modo di essere con l’altro nel senso profondo del nostro destino ultimo, della nostra comune miseria e del nostro comune bisogno di misericordia.
La seconda povertà è quella dell’attrezzatura. I mezzi temporali pesanti si interpongono. Possono abbattere le distanze, ma non permettono la prossimità. Niente può sostituire quest’ultima. I sacramenti lo dimostrano: essi, che comunicano ciò che c’è di più grande, e cioè la grazia, esigono sempre la prossimità fisica. Non ci si può confessare per telefono. Non si può teletrasmettere il corpo di Cristo. La più alta comunicazione ignora le alte tecnologie di comunicazione. Perché questa comunicazione alta è comunione delle persone, e dunque presenza reale dell’uno per l’altro, offerta reciproca dei volti.
La terza povertà è quella del messaggio, perché il messaggio conta meno del messaggero e di quello che lo invia. Del resto, il messaggio è prima di tutto quello a cui il messaggero si rivolge: «Cristo è venuto per salvarci, noi, io e te. Vuole che il tuo viso risplenda eternamente». Perciò gli inviati devono contemplare quel viso, fosse anche dei più noiosi, e anche ascoltarlo, fosse pure il più stupido.
È infine, in qualche modo, la quarta povertà: ci sono due inviati, e non un cavaliere solitario. Per non ricadere nei sermoni degli scribi e dei farisei, occorre che il messaggio si incarni; e, quando si tratta dei discepoli, può incarnarsi solamente in una comunità vivente, pensante e cantante: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». La prossimità rischierebbe di essere di facciata, se fosse solamente con gli ultimi arrivati: ci si fabbrica facilmente un’aria di circostanza. Diventa reale solamente se con me c’è qualcuno che mi mette alla prova giorno dopo giorno, che sa le mie debolezze, che ha visto la mia maschera cadere, e che dunque mi impedisce di rimetterla davanti agli altri, perché ne denuncerebbe la falsità palese.


Per la testimone oculare delle contraddizioni storiche del ‘900 è presto fiction



La Maestra del giornalismo italiano, la combattente di tutti gli autoritarismi del ‘900, la testimone oculare della storia internazionale del secolo scorso, assistita da un singolare talento nella scrittura , quella Maestra di giornalismo senza precedenti avrà il viso etereo di Vittoria Puccini, fiorentina doc come Oriana. “Mi sono vista e rivista ossessivamente tutte le sue immagini, le interviste in tv, ho studiato le sue mosse, il modo di alzare e abbassare lo sguardo, di stringere la sigaretta tra le dita. È il ruolo più gravoso che mi sia mai capitato. Ne ho il sacro terrore. Prendo il coraggio da lei”. Certo,  è facile immaginare la quintessenza della femminilità che è la Puccini confrontarsi sui binari della fragilità di donna dinanzi alle storie capitali dell’affettività fallaciana: il legame con François Pelou prima e Anekos Panagulis tempo dopo, più difficile sarà delineare il primo appuntamento con la storia della giovanissima Oriana, arruolata dal padre Edoardo come staffetta partigiana. Siamo curiosi di capire come verrà illustrato il suo debutto con la carta stampata, la sua epopea come inviata di guerra e come temeraria intellettuale di destra anti Islam. Come verrà affrontato l’arsenale di problematiche scottanti da una produzione della tv generalista?
“L’Oriana”, fiction siglata da Marco Turco, sarà sugli schermi al principio del 2014 sarebbe ottimo prodotto se si partisse dall’autenticità del personaggio evitando prudenzialmente ogni patetico tentativo agiografico, rispettandone igienicamente alcuni topoi fondamentali per mezzo dei quali sarà facile rendere un ritratto integrale della donna Oriana. Farebbe piacere riscontrare un impianto narrativo che rispetti una grande verità - a prescindere dagli estremismi fallacciani che si può scegliere se inserire o no tra io linguaggi portanti del racconto – la sua lotta contro l’Islam non iniziò con l’attacco alle Torri Gemelle, ma molti anni prima, il tempo di apprendere che quella religione è capace di vessare la donna in ogni suo aspetto.








lunedì 2 dicembre 2013

Iniziativa di Carlo Climati nel mondo del linguaggio mass mediatico: "Non sono tuo nemico".

Il linguaggio comunicativo è un filo intermentale che apre o chiude al prossimo.
La comunicazione, specie giornalistica, ha oggi gli stilemi di un inarrestabile ring in cui la spunta chi più persevera nell’attacco verbale. Carlo Climati, cattedratico, scrittore e giornalista non si rassegna ad un simile abbruttimento comunicativo. La sua inesausta attività pubblicistica e saggistica si occupa di mass media e tematiche giovanili, passioni che confluiscono oggi nell’appassionante laboratorio di Comunicazione “Non sei un nemico”, attivo presso l’Università Europea di Roma. Spiega Climati, collaboratore del GRIS (Gruppo di Ricerca ed Informazione Socio-Religiosa): “La nostra iniziativa ha lo scopo di trasmettere una nuova idea di comunicazione basata sul dialogo e su una serena accoglienza dell’altro”. In che modo? Attraverso un laboratorio teorico e pratico che, dapprima analizzerà le forme di comunicazione esistenti, social network, giornalismo, radio, dalla televisione per arrivare ai consueti registri comunicativi del dialogo interpersonale. In un secondo momento si arriverà al fulcro vero e proprio del progetto: trovare canali comunicativi che dissuadano dalla costante ricerca del conflitto comunicativo. Basta voler andare contro quanti sostengono follemente che l’odio teorizzato sia terapeutico nel privato e nel mondo lavorativo. Obiettivo primario, che unifica, peraltro, ogni iniziativa di Climati, è un’offerta didattica che sia integralmente formativa per il giovane universitario, sia su un piano strettamente contenutistico che di crescita personale.