venerdì 19 luglio 2013

Le favole di Maestrailaria =)



I ciuffi del leccio scarmigliati dal vento graffiano con insistenza la finestra di Vittorio, ed annunciano con puntualità un nuovo pomeriggio uggioso nella cittadina di Maisoli.
Avveniva infatti, da diversi anni, che nella piccola cittadina un tempo ridente e lussureggiante che tutte le mattine fossero allietate da un bel sole ma sul far del meriggio, quando tutti rincasavano nervosamente tra i clacson tonanti e tanta voglia di staccare la spina dal lavoro e dalla scuola, ecco che i primi lividi imbronciati deturpavano l’azzurro del cielo. Mentre Vittorio, Ignis, Tindaro, Antonio e gli altri bimbi della V° ascoltavano rapiti la lezione della maestra Sofia non potevano non osservare con un po’ di delusione che nel momento in cui iniziava la loro libertà dalle lunghe ore di lezione, proprio sul più bello, ecco proprio allora il sole intimidiva dietro una spessa coltre grigia. Un giorno Dionigi, che tra tutti i bimbi era il più studioso e attento, ma anche il più insofferente al cattivo tempo, sbottò : “ Basta! Finite le scuole elementari io cambierò città. In questa città non vedremo più il sole”. “Dionigi ma che dici? Questa città è bellissima, abbiamo tutto, dobbiamo soltanto accontentarci di giocare in casa. Però vedi che bel sole splende in questo momento?” disse stupito Ignis che mai aveva sentito Dionigi concitarsi tanto se non all’interrogazione. “ Sì Ignis, dici bene, infatti è soltanto quando stiamo tutti assieme che riusciamo a vedere il sole, poi una volta fuori corre dietro una tenda di nuvole. Immagina che succederà quando non ci vedremo più. Tindaro che è tanto povero e non ha potuto fare le vacanze al mare ha passato tutta l’estate in casa. In quella piccola casetta umida che un lampo di sole avrebbe di certo reso almeno più accogliente tanto da non fargli rimpiangere il sole della sua Sicilia”.
Proprio come aveva osservato Dionigi anche quel giorno al trillo dell’ultima campanella il cielo si corrucciò e pianse per l’intero giorno, proprio dal momento in cui gli undici bimbi si rivolsero gli ultimi saluti prima di rincontrarsi l’indomani.
Vittorio specchiava le sue rosse lentiggini sul dvd della Play Station e mentre le vedeva annegare nel latte della pelle corrugata da uno dei suoi ingegnosi pensieri considerò che dopotutto non c’era niente di male nell’ottimizzare le ore di studio a vantaggio di una bella partitella con suo fratello. Prese allora un quaderno e fregò la penna con insistenza tanto da farsi venire un polso paonazzo, ma ne era valsa la pena visto che ora l’inchiostro era completamente esaurito e si poteva incidere sul foglio bianco tutto quel che la dolce maestra Sofia avrebbe preteso durante il compito in classe, sarebbe stato sufficiente mettere il foglietto in controluce. Vittorio non era nuovo a queste sapienti astuzie dalle gambe corte che invariabilmente gli facevano fare la figura dell’oro di Bologna durante l’interrogazione, quando la maestra più divertita che furente gli ripeteva: “ Bambino mio, se tu usassi per studiare un decimo del tempo che dedichi a evitare l’ostacolo saresti bravo come Dionigi. Non posso neppure rimproverarti per la pigrizia!!!!!”. La verità è che Vittorio si divertiva un mondo quando la sua mente creava, e la noia causata da quella  pioggia perenne era una sfida alla sua infaticabile mente.
L’indomani mattina la maestra fece come al solito l’appello e notò che Luca era ormai assente da diversi giorni. “Qualcuno ha sentito Luca ? Sono tanto preoccupata, è già assente da tre giorni”. “Non si preoccupi maestra Sofia” disse Andrea, “vedrà che Luca ha solo un leggero raffreddore. Guardi il cielo, è poco nuvoloso, altrimenti pioverebbe”. Andrea era una bambina tanto riflessiva; si era convinta che i genitori le avessero dato un nome da maschietto perché volevano una figlia speciale quindi oltre che essere in continua competizione con Dionigi aveva la particolarità di scrivere tutto al contrario ma anche di mandarlo giù a memoria e ripeterlo facendo letteralmente impazzire la maestra che pazientemente la esortava a fare la metà di ogni compito…ma per il verso giusto! I bimbi non sembrarono dare rilievo alle osservazioni di Andrea ma in fondo l’avevano pensato un pò tutti. La maestra nascondeva un po’ di perplessità per il fatto che i compagnetti non fossero in contatto tra loro fuori dalle lezioni, mai una telefonata o un pomeriggio trascorso a giocare assieme, mai uno sorriso cordiale tra i genitori sempre di corsa all’entrata e all’uscita. Si chiedeva se davvero le sue nozioni potessero servire a qualcosa se poi venivano chiuse gelosamente tra le mura domestiche temeva che il senso d’amicizia potesse morire soffocato da una tabella di marcia estenuante. Vedeva il suo piccolo Emil pensare al pallone durante il corso di violino e ai compiti durante la gita domenicale con gli scout, ma sì, in fondo tanti stimoli possono soltanto favorire l’amicizia, si consolava la scrupolosa Sofia.
Gli undici bambini erano tanto diversi tra loro, provenivano da diverse realtà sociali, diversi contesti ambientali ma una cosa gli accomunava: il grande affetto per la maestra Sofia e il senso quasi di protezione verso di lei, dopo che la guerra in Medioriente le  aveva rubato la metà del cielo ma le aveva fatto dono di Emil, un paffuto pargolo dalla pelle d’ebano salvato dall’eroico marito e che ormai aveva già sei anni e ogni mattina all’ora della ricreazione correva in aula dalla mamma a darle un grosso bacio schioccante. I bimbi avrebbero fatto qualsiasi cosa per vederla sorridere nuovamente di cuore, così come i primi anni di scuola. Ma quel giorno era impossibile, ricorreva ormai il secondo anniversario di quella scomparsa. Fu quella mattina che la piccola Irene, vezzosa nel suo impeccabile grembiulino perennemente inamidato, chiese alla pensierosa insegnante: “Maestra Sofia perché anche oggi che siamo tutti assieme grandina così tanto?”. Sofia pensò alle riflessioni di Dionigi ed Andrea e collegò subito il fatto che Emil non fosse salito a darle il solito saluto. Penso che il bambino potesse esser andato a lasciare un fiore sulla tomba del papà nel camposanto della città così come era successo l’anno precedente. Si precipitò allora fuori dalla scuola pregando i bambini di stare buoni in silenzio per non destare l’attenzione delle altre classi e creare troppa confusione. I bambini sulle prime obbedirono pazientemente finché il fumantino Vittorio affermò perentoriamente che lui sarebbe stato in grado di setacciare l’intera città fino a trovare il bimbo, ma Gaia, che aveva tre fratellini più piccoli era la più responsabile di tutti e propose di dividersi per non creare confusione e di ritrovarsi lungo il fiume, vicino ai boschi, dopo un’ora esatta. Omar propose che ognuno chiedesse aiuto ai propri nonni dal momento che i genitori si trovavano tutti al lavoro. Uscirono così dalla scuola ma Ornella mentre attraversava il semaforo incontro una vecchina che inciampando sulla pesante sporta della spesa cadde a terra rovinosamente. La bimba istintivamente la prese sottobraccio e l’accompagnò a casa. Trascorse un’ora esatta e Ornella arrivò all’appuntamento senza esser riuscita neppure a mettersi sulle tracce del piccolo Emil. Stringeva tra le mani una cordicella arancione avuto in dono dalla vecchina. La fanciulla per timidezza non le chiese cosa mai potesse farne ma la anziana signora la anticipò dicendo: “Vedrai bambina mia dal cuore grande, capirai quando farne buon uso”. Anche Dionigi arrivò trafelato all’appuntamento dopo essersi trattenuto a lungo con un anziano non vedente che aveva perso l’orientamento. Anche lui non sapeva come giustificarsi davanti ai compagnetti, loro certamente si aspettavano che il primo della classe avrebbe trovato una soluzione. Ma Dionigi continuava a fissare un nastro rosso che il signore cieco gli aveva dato in segno di gratitudine. Pensò fosse un oggetto perfettamente inutile ma ringraziò copiosamente per delicatezza. Irene tornava a mani vuote ma fiera di aver aiutato un piccolo orfanello a divincolarsi dagli insulti provocatori di alcuni teppisti in erba. Il bimbo rom le fece dono di un lungo elastico arancio dicendole: “Vedrai, ti porterà fortuna”, ma la bimba leziosa lo impiegò come fascia per i lunghi capelli biondi. Antonio si vergognava di confessare che la sua ora era trascorsa velocemente mentre nel ristorante del nonno si era trattenuto a bighellonare con una simpatica nonnina che dalla morte del marito riusciva a scambiare due parole soltanto nei locali pubblici. La signora volle sdebitarsi  regalando ad Antonio un bell’orologio con una lunga catenella gialla, guardando il quale il bimbo capì di essere in terribile ritardo e si precipitò all’appuntamento, ma non vi trovò nessuno, scorse soltanto Luca all’orizzonte che tomo tomo arrivava con la coda tra le gambe temendo che i compagni l’avrebbero rimproverato per aver perso tempo a regalare la sua merenda ad un clochard. Il barbone non voleva che il bimbo andasse via a mani vuote e ritenne opportuno regalargli una lunga sciarpa verde, sua unica ricchezza. Gaia trovò per strada un portafogli con pochi euro ma che conteneva i documenti di un’anziana signora, si recò a casa sua pensando che certo sarebbe stata disperata dopo aver perso i pochi soldi che le rimanevano. La vecchia volle ricompensarla con quel poco di cui disponeva: un gomitolo di lana color indaco. “Vedi piccola mia questo è il colore che io preferisco, quello del crepuscolo, il momento in cui finalmente riposo e non penso ad altro che al nuovo giorno che verrà”. Anche Omar raggiunse finalmente gli altri lungo la riva del fiume dopo aver aiutato un vecchio vedovo in carrozzella a salire difficoltosamente sul tram. Il signore in gesto di gratitudine gli aveva regalato delle resistenti stringhe di color violetto che Omar ripose velocemente dentro lo zainetto mentre correva verso i compagni. Il tempo intanto peggiorava e Vittorio, Ignis, Tindaro e Andrea sbagliando strada finirono sull’altra sponda del fiume. Fu allora  che si udì il pianto disperato di un bimbo che la corrente stava trascinando via. I bimbi pensarono che fosse necessario agire, e subito. Trassero dagli zainetti tutto quel che potesse essere utile a costruire un ponticello che li collegasse tra loro e che potesse permettere al piccolo Emil di ancorar visi trattenendone saldamente un’estremità e lanciando l’altra ai compagni sull’altra sponda.

Dionigi lanciò il nastro rosso.
Irene  l’elastico arancio.
Antonio la lunga catenella gialla.
Luca la sciarpa verde.
Ornella la lunga cordicella azzurra.

Gaia dipanò il suo gomitolo color indaco.

Omar  lanciò le sue stringhe colorate di violetto

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