lunedì 23 dicembre 2013

Fabio Fazio: nuovo addetto stampa di Renzi.

Mentre Berta filava in attesa che i ravioli cuocessero per Pipino e Carletto Magno finisse di giocare nel box probabilmente già assisteva alle teletrasmissioni siglate dai poteri forti. Oggi, a qualche lustro di distanza, manteniamo la felice tradizione. Del resto, una grande civiltà si riconosce nell’alto numero di tradizioni che essa annovera in seno alla propria cultura e in Italia non ci batte nessuno in quanto a solerte attaccamento alla tradizione popolare. Di che stupirsi dunque se l’infotainment della Rai Tre di prima serata è un prolungamento animato dell’agenda di Fonzies dalla “c” aspirata, che fa tanto  brand fiorentino spendibile cinque stagioni l’anno. Renato Brunetta, scordando i trascorsi minzoliniani accusa male il colpo della sovraesposizione del neo segretario del PD sulla rete pubblica e se ne lamenta in un duello all’arma bianca con l’imperatore di Rai Tre che, c’è da scommetterci, continuerà la singolar tenzone per le investiture saltando à a piè pari la sua Canossa presso Papa Brunetta che pochi minuti fa non ha saputo risparmiarsi l’ennesima boutade all’indirizzo di Fazio. Fu vera gloria?

lunedì 16 dicembre 2013

domenica 15 dicembre 2013

Mauro Pili: "TUTTO GRAVERA' SUL BILANCIO REGIONALE"

Deputato Unidos, tutto gravera' su bilancio Regione (ANSA) - CAGLIARI, 15 DIC - Con un emendamento appena presentato in commissione Bilancio alla Camera, il Governo da' il via libera alla modifica dell'art.10 dello Statuto della Regione Sardegna, aprendo di fatto la strada alla fiscalita' di vantaggio, "ma - denuncia il deputato Mauro Pili di Unidos (ex Pdl) - scrive in maniera esplicita che ogni taglio alle tasse dovra' gravare sul bilancio regionale". "In pratica - spiega il parlamentare sardo - il Governo scarica la Sardegna e non riconosce in alcuna maniera alcun riequilibro dovuto agli svantaggi dell'insularita'. La Regione, dunque, e' libera di applicare qualsiasi tipo di taglio fiscale ma non avra' alcuna compensazione dallo Stato. Ed difficile - sottolinea Pili - che con un bilancio gia' in rosso la Regione possa decidere per le sforbiciate. Ora non resta che una grande causa alla Corte di Giustizia europea per il risarcimento del divario insulare". "La proposta di modifica dell'art. 10 - si legge nella relazione tecnica del Governo - si sostanza nella possibilita' di prevedere agevolazioni fiscali, esenzioni, detrazioni di imposta, deduzioni dalla base imponibile e concedere, con oneri a carico del bilancio regionale, contributi da utilizzare in compensazione ai sensi della legislazione statale; consentirebbe altresi' alla Regione di modificare le aliquote in aumento entro i valori massimi di imposizione stabiliti dalla normativa statale o in diminuzione fino ad azzerarle. Nel rispetto della normativa statale e comunitaria - prosegue la relazione - la proposta di revisione dell'art. 10 dello Statuto non determina maggiori oneri a carico della finanza pubblica, considerato che le agevolazioni che la Regione puo' applicare sono a carico del proprio bilancio". "Qualcuno tentera' di gridare alla liberta' fiscale in realta' - conclude Pili - e con onesta' bisognera' prendere atto di un vero e proprio tentativo dello Stato di scaricare ulteriormente la Sardegna". (ANSA)

ULTIM'ORA. PILI: IL GOVERNO SCARICA LA SARDEGNA ANCHE NELLA FISCALITÀ. PAGATEVI I VANTAGGI FISCALI

Dichiarazione del deputato sardo di Unidos, Mauro Pili subito dopo la presentazione, poco fa, da parte del governo del l'emendamento alla legge di stabilità.

"Con un emendamento appena presentato in Commissione Bilancio alla Camera il Governo da il via libera alla modifica dell'art.10 dello Statuto della Regione ma scrive in maniera esplicita che ogni taglio alle tasse dovrà gravare sul bilancio della Regione. Si tratta dell''ennesima fuga dalle responsabilità del governo. È evidente che sarà impossibile per la Regione qualsiasi taglio fiscale da far gravare su un bilancio già in rosso. La fiscalità di riequilibrio doveva essere coperta dallo Stato proprio per via del divario insulare. Così facendo lo Stato scarica tutto sulla regione che potrà si tagliare le tasse ma se lo vorrà fare dovrà tagliare servizi e investimenti. Insomma un vero e proprio suicidio economico. Un possibile taglio della fiscalità a carico della Regione non costituirà da solo un'attrazione economica visto il costo esorbitante di energia e trasporti. Lo Stato, dunque, con questo passaggio si lava definitivamente le mani dalla questione del riequilibrio insulare. Accettare questo totale disimpegno dello Stato significa non mettere Il governo davanti alle proprie responsabilità. Da una parte lo Stato nega i fondi per le alluvioni, nemmeno un euro, e dall'altra scarica la Regione sotto ogni punto di vista. Apparentemente più liberi, ma in realtà costretti a pagare ogni onere dell'insularitá che doveva gravare su Stato e Europa. Ora non resta che una grande causa alla Corte di Giustizia europea per il risarcimento del divario insulare. Nella norma proposta non si chiarisce, infine, se siano necessarie norme di attuazione ma é altrettanto certo che tale passaggio sarà drammaticamente a carico della Regione. Elemento che il governo ribadisce in tutti i modi sia nella norma che nella relazione di accompagnamento. Qualcuno tenterà di gridare alla libertà fiscale in realtà e con onestá bisognerà prendere atto di un vero e proprio tentativo dello Stato di scaricare ulteriormente la Sardegna". 

sabato 14 dicembre 2013

giovedì 12 dicembre 2013

iMiglioraMenti: Una firma sulla Bibbia svela l’Einstein religioso...

iMiglioraMenti: Una firma sulla Bibbia svela l’Einstein religioso...: Il reperto messo all'asta a New york Un’iscrizione a mano su una Bibbia degli anni Trenta apre una finestra sulla religiosità di A...

Una firma sulla Bibbia svela l’Einstein religioso

Il reperto messo all'asta a New york
Un’iscrizione a mano su una Bibbia degli anni Trenta apre una finestra sulla religiosità di Albert Einstein. “La Bibbia è una grande fonte di saggezza e consolazione, deve essere letta frequentemente” scrive di proprio pugno lo scienziato ebreo tedesco, firmando assieme alla moglie Elsa, il libro sacro che nel 1932 regalarono ad un’amica americana di noma Harriet Hamilton. Si tratta di una rara traccia del rapporto fra la fede e il premio Nobel per la Fisica autore della teoria della relatività, scomparso nel 1955.  
In genere si ritiene Einsten che sia stato sempre lontano dalla religione, alcuni storici hanno attribuito in passato tale atteggiamento ad una reazione all’Olocausto nazista in Germania e una prova di tale atteggiamento viene dalla lettera che scrisse nel 1954 al filosofo Eric Gutkind definendo la Bibbia “una collezione onorevole ma di leggende primitive molto infantili”. In realtà la frase scritta sulla Bibbia, venduta all’asta a New York questa settimana, suggerisce che il suo sentimento sulla religione è stato più articolato. “Ogni opinione espressa da Einstein sulla Bibbia è di estremo interesse” commenta Christina Geiger, direttore del Dipartimento manoscritti rari della casa d’aste Bonhams di New York dove il libro è stato messo in vendita per 1500 dollari ed ha raggiunto 68500 dollari al momento dell’assegnazione definitiva.  f. la Stampa

martedì 10 dicembre 2013

giovedì 5 dicembre 2013

A 10 lustri esatti dall' INTER MIRIFICA 04 XII 1963

Per festeggiare i primi 50 anni dell’ Inter Mirifica, decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II sui mezzi di comunicazione sociale (1963) parliamo degli approdi comunicativi postmoderni che i Padri Conciliari non potevano valutare in termini di trasmissione della verità: i social network

Che posto ha il Vangelo nell’era digitale e della grande Rete? Nell’era dei social network pervasivi che occupano tutta la scena, per cui oggi uno si distingue dall’altro solo se è connesso oppure no? Le tecnologie e i processi che esse inducono possono essere dominati se si impara a conoscerli, Ma occorre indagare il rapporto tra tecnica e verità dell’esperienza. È già capitato qualcosa di simile quando il microfono è entrato nelle chiese. L’uso del microfono, anche se questo potrebbe destare un po’ di ilarità, ha cambiato la liturgia. Il sacerdote ha dovuto rivolgersi verso i fedeli anziché verso l’altare. È cambiata la struttura delle chiese, almeno quelle nuove, perché la vecchia architettura aveva una funzione anche acustica, che con il microfono è stata resa inutile. Il rapporto tra tecnica e verità, dunque, è più complicato di quello che pensiamo e, in qualche modo, inevitabile. Le tecnologie non vanno subìte, ma reinterpretate creativamente. I social network sono una svolta sociale, impongono un mutamento di direzione che va colto e valorizzato, puntando per esempio sull’essere con piuttosto che sull’esserci nella Rete. Dello stesso avviso è Benedetto XVI quando osserva che l’interconnessione nell’ambiente digitale può essere una condizione importante sebbene non sufficiente per la collaborazione della famiglia umana. Nel tempo è cambiata la concezione dei media. Oggi non sono più solo strumenti per comunicare, ma parte integrante dell’ambiente. I media non hanno più confini, le cosiddette piattaforme sono sparite, oggi la tv si vede anche sul telefonino, la radio si ascolta sul computer. È un bene o un male? Presto per dirlo: si sono andate sviluppando alcune capacità, per esempio la velocità e l’interazione, e indebolite altre, per esempio la riflessione, la concentrazione, l’esperienza di dare una gerarchia alle informazioni, l’intelligenza di prendere le distanze dall’immediatezza. Occorrerebbe imparare ad essere contemporaneamente dentro e fuori i media. Se si sta troppo dentro non ci si rende conto di ciò che accade, come il pesce non si rende conto dell’acqua; se si sta troppo fuori si diventa deficitari dal punto di vista tecnologico e si rischia di non cogliere i mutamenti in atto. Tornando ai social network: il 90 per cento dei giovani tra i 14 e i 29 anni è iscritto a Facebook, che è il social network più articolato e consente operazioni più complesse rispetto agli altri. E lì si costruiscono una identità. Ma il messaggio è la relazione, cioè amicizia, prossimità, conoscenza, autoaffermazione, visibilità. Tutto ciò che se non è adeguatamente affrontato degenera in nuove povertà. La Chiesa lì dentro ascolta e dialoga. Può contribuire a rinnovare la cultura e a rinnovarsi. Può, soprattutto, testimoniare.


mercoledì 4 dicembre 2013

Juventus-Udinese. Quando i bambini fanno ohhhh..

Sembrerebbero emergere facili gli allarmismi di un’inciviltà senza requie e senza punto di ritorno davanti all’episodio appena occorso di Juventus – Udinese, ma mica è tanto vero. Siamo molto meno moralisti di quel che diamo ad intendere, Malagò docet. Non ne farei una questione antropologica e certamente non colpevolizzerei padri e madri menefreghisti ma, al tempo stesso, mi chiederei sinceramente perché per giovani e giovanissimi lo sport da stadio faccia il paio col turpiloquio. C’è più di qualcosa che non torna e la responsabilità è completamente dei genitori solo nel momento in cui si minimizza sul rimedio. Non è il momento giusto di fare spallucce, e lo spirito di caserma non lo si neutralizza solo con lo sventolio delle bandiere arcobaleno. Una proposta tra le altre? Condivisibile l’idea della giornalista Lucarelli. Non ci vuole Maria Montessori, o peggio, un plotone di psicoterapeuti da talk show per capire che occorra una giusta correzione per cui un genitore responsabile bene farebbe a portare i cari pargoletti a raccogliere cartacce allo stadio, fino all’ultima Pringless frantumata…così, ad edificazione popolare e a memento futuro. 

martedì 3 dicembre 2013

Tra Progressisti e Tradizionalisti la speranza individualista di Fabrice Hadjadj.

Salvare, oggi, è l’ossessione di quelli che utilizzano i computer. Nella mia lingua, il francese, si dice piuttosto “registrare”, o anche “salvaguardare”. Ma è interessante notare coma nella lingua informatica, e anche in italiano, si dica to save, salvare, azione che riguarda non le anime ma i documenti. La “salvezza” si trova nel menù “file”, o nella barra degli strumenti. È rappresentata non da una croce, ma da un dischetto.
Tuttavia la vera salvezza non si applica alle cose, ma alle persone. Non bisogna ricordarlo soltanto agli informatici, ma anche a certi cattolici tradizionalisti: la preservazione della dottrina, il salvataggio della bella liturgia, il richiamo delle regole morali ha valore soltanto nella misura in cui questo ordine delle cose serve alla salvezza delle persone. Bisogna ricordarlo anche a certi progressisti: è in gioco la salvezza delle persone, e non la realizzazione di un ideale sociale, di un’utopia politica, di un tutto egualitario. La via è stretta perché si passa uno dopo l’altro. La salvezza non conosce la massa. Ciò a cui mira è non-totalizzabile. Tanto che non è completamente giusto dire che Cristo salva “l’umanità”: Egli salva Pietro, Paolo, Giacomo, eccetera, ed è in questo che custodisce l’umanità, nella sua diversità stessa, coi piccoli e i grandi, i magri e i grassi, i deboli e i forti. La sua promessa è rivolta ai nomi propri, e non ai nomi comuni. Del resto. è proprio quello che ricorda Gesù dopo la missione dei settantadue discepoli: «Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10, 20). La gioia apostolica non sta nell’avere sottomesso i popoli a una Legge comune, ma nell’eternità dei nomi propri. La grazia consente di non vedere più la Legge come una regola immutabile, ma di viverla come la condizione di un incontro, di un dialogo, di un’intimità col Creatore e, di conseguenza, con ciascuna delle sue creature.
È questo anche il senso della parola: «Il sabato è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato» (Mc 2; 27). La missione non ha per fine di mettere gli uomini al servizio dei dogmi e dei sacramenti, ma di mettere i dogmi e i sacramenti al servizio degli uomini, perché dogmi e sacramenti mirano a compiere non il trionfo di una dottrina, ma la salvezza di ogni volto nella sua singolarità. Ecco perché la Sapienza è una persona. Ed ecco perché il Libro dei Proverbi rievoca la Sapienza sotto il segno di una moltitudine concreta e irriducibile e non di una teoria astratta e uniformizzante: «Ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola» (Pr 9, 2).
Le tavole della Legge sono subordinate al tavolo del festino. Il tavolo del festino è l’esatto contrario di un’ideologia riduttrice o di uno schermo che pretende di assorbire il mondo. È il luogo dove fiorisce la molteplicità incomparabile e non-totalizzabile dei volti. C’è da bere e da mangiare. Ci sono fedeli e anche alcuni traditori. Ci sono conversazioni che si trasformano in preghiere di supplica e in canti di lode. Questo convivio intorno alla Sapienza incarnata, ecco ciò che annunciamo (ed è interessante osservare come l’impresa della Mela Morsicata abbia usurpato il termine di “convivialità” per designare, non la presenza del Logos fatto carne, ma l’efficacia di un software).
Si può ora afferrare meglio la necessità della povertà evangelica, e cioè perché gli inviati siano poveri nella loro difesa, poveri nella loro attrezzatura, e poveri nel loro messaggio. Poveri nella loro difesa, prima di tutto. Sono agnelli in mezzo ai lupi: si espongono alla morte. È la condizione di una vera presenza. Questo si vede spesso durante un funerale: d’un tratto, a causa della consapevolezza della morte e dell’impotenza, le persone lontane si riavvicinano, i superficiali diventano profondi, le relazioni nella famiglia non sono mai state tanto semplici e vivaci. Ma per i discepoli non si tratta solamente della coscienza della morte, si tratta di essere pronti a testimoniare per la vita fino in fondo. Non si può parlare di Colui che è la Vita e la Risurrezione solamente con la bocca. Bisogna parlarne con la lacerazione del cuore. Non voglio intendere con questo una esaltazione sentimentale, ma un modo di essere con l’altro nel senso profondo del nostro destino ultimo, della nostra comune miseria e del nostro comune bisogno di misericordia.
La seconda povertà è quella dell’attrezzatura. I mezzi temporali pesanti si interpongono. Possono abbattere le distanze, ma non permettono la prossimità. Niente può sostituire quest’ultima. I sacramenti lo dimostrano: essi, che comunicano ciò che c’è di più grande, e cioè la grazia, esigono sempre la prossimità fisica. Non ci si può confessare per telefono. Non si può teletrasmettere il corpo di Cristo. La più alta comunicazione ignora le alte tecnologie di comunicazione. Perché questa comunicazione alta è comunione delle persone, e dunque presenza reale dell’uno per l’altro, offerta reciproca dei volti.
La terza povertà è quella del messaggio, perché il messaggio conta meno del messaggero e di quello che lo invia. Del resto, il messaggio è prima di tutto quello a cui il messaggero si rivolge: «Cristo è venuto per salvarci, noi, io e te. Vuole che il tuo viso risplenda eternamente». Perciò gli inviati devono contemplare quel viso, fosse anche dei più noiosi, e anche ascoltarlo, fosse pure il più stupido.
È infine, in qualche modo, la quarta povertà: ci sono due inviati, e non un cavaliere solitario. Per non ricadere nei sermoni degli scribi e dei farisei, occorre che il messaggio si incarni; e, quando si tratta dei discepoli, può incarnarsi solamente in una comunità vivente, pensante e cantante: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». La prossimità rischierebbe di essere di facciata, se fosse solamente con gli ultimi arrivati: ci si fabbrica facilmente un’aria di circostanza. Diventa reale solamente se con me c’è qualcuno che mi mette alla prova giorno dopo giorno, che sa le mie debolezze, che ha visto la mia maschera cadere, e che dunque mi impedisce di rimetterla davanti agli altri, perché ne denuncerebbe la falsità palese.


Per la testimone oculare delle contraddizioni storiche del ‘900 è presto fiction



La Maestra del giornalismo italiano, la combattente di tutti gli autoritarismi del ‘900, la testimone oculare della storia internazionale del secolo scorso, assistita da un singolare talento nella scrittura , quella Maestra di giornalismo senza precedenti avrà il viso etereo di Vittoria Puccini, fiorentina doc come Oriana. “Mi sono vista e rivista ossessivamente tutte le sue immagini, le interviste in tv, ho studiato le sue mosse, il modo di alzare e abbassare lo sguardo, di stringere la sigaretta tra le dita. È il ruolo più gravoso che mi sia mai capitato. Ne ho il sacro terrore. Prendo il coraggio da lei”. Certo,  è facile immaginare la quintessenza della femminilità che è la Puccini confrontarsi sui binari della fragilità di donna dinanzi alle storie capitali dell’affettività fallaciana: il legame con François Pelou prima e Anekos Panagulis tempo dopo, più difficile sarà delineare il primo appuntamento con la storia della giovanissima Oriana, arruolata dal padre Edoardo come staffetta partigiana. Siamo curiosi di capire come verrà illustrato il suo debutto con la carta stampata, la sua epopea come inviata di guerra e come temeraria intellettuale di destra anti Islam. Come verrà affrontato l’arsenale di problematiche scottanti da una produzione della tv generalista?
“L’Oriana”, fiction siglata da Marco Turco, sarà sugli schermi al principio del 2014 sarebbe ottimo prodotto se si partisse dall’autenticità del personaggio evitando prudenzialmente ogni patetico tentativo agiografico, rispettandone igienicamente alcuni topoi fondamentali per mezzo dei quali sarà facile rendere un ritratto integrale della donna Oriana. Farebbe piacere riscontrare un impianto narrativo che rispetti una grande verità - a prescindere dagli estremismi fallacciani che si può scegliere se inserire o no tra io linguaggi portanti del racconto – la sua lotta contro l’Islam non iniziò con l’attacco alle Torri Gemelle, ma molti anni prima, il tempo di apprendere che quella religione è capace di vessare la donna in ogni suo aspetto.








lunedì 2 dicembre 2013

Iniziativa di Carlo Climati nel mondo del linguaggio mass mediatico: "Non sono tuo nemico".

Il linguaggio comunicativo è un filo intermentale che apre o chiude al prossimo.
La comunicazione, specie giornalistica, ha oggi gli stilemi di un inarrestabile ring in cui la spunta chi più persevera nell’attacco verbale. Carlo Climati, cattedratico, scrittore e giornalista non si rassegna ad un simile abbruttimento comunicativo. La sua inesausta attività pubblicistica e saggistica si occupa di mass media e tematiche giovanili, passioni che confluiscono oggi nell’appassionante laboratorio di Comunicazione “Non sei un nemico”, attivo presso l’Università Europea di Roma. Spiega Climati, collaboratore del GRIS (Gruppo di Ricerca ed Informazione Socio-Religiosa): “La nostra iniziativa ha lo scopo di trasmettere una nuova idea di comunicazione basata sul dialogo e su una serena accoglienza dell’altro”. In che modo? Attraverso un laboratorio teorico e pratico che, dapprima analizzerà le forme di comunicazione esistenti, social network, giornalismo, radio, dalla televisione per arrivare ai consueti registri comunicativi del dialogo interpersonale. In un secondo momento si arriverà al fulcro vero e proprio del progetto: trovare canali comunicativi che dissuadano dalla costante ricerca del conflitto comunicativo. Basta voler andare contro quanti sostengono follemente che l’odio teorizzato sia terapeutico nel privato e nel mondo lavorativo. Obiettivo primario, che unifica, peraltro, ogni iniziativa di Climati, è un’offerta didattica che sia integralmente formativa per il giovane universitario, sia su un piano strettamente contenutistico che di crescita personale.

venerdì 29 novembre 2013

"Càsate y sé sumisa". Se è la libertà di stampa ad essere sottomessa.

Se è la libertà di stampa ad essere sottomessa.
 Nessuno, o quasi, men che meno sulla stampa, di piccola o alta tiratura, parla di un fenomeno degno della peggiore censura totalitaria degli ultimi due secoli. Noi nati negli anni ottanta tiravamo un sospiro di sollievo dopo la caduta del muro di Berlino, inspirando a pieni polmoni quella promessa di wind of change. Ma quale wind e wind d’Egitto? Non certamente quello che entra dalle finestre spagnole. Il fatto è la censura incondizionata dell’opera  della giornalista Tg3 Costanza Miriano “Sposati e sii sottomessa” versione italiana di “Càsate y sé sumisa”. Il libro è un ameno viaggio tragicomico tra le peripezie matrimoniali del connubio cristiano cattolico, ergo, si badi bene, matrimonio libero, unione in cui i due coniugi hanno voluto liberamente la loro comunione sacramentata dal giuramento ecclesiale. Il titolo del volume è ispirato alla nota pericope paolina contenuta nella lettera agli Efesini, stessa lettera in cui San Paolo dice qual cosina anche agli uomini, come la stesa giornalista precisa nel proseguo ideale del libro, confluito successivamente in un secondo volume di successo per i tipi della Sonzogno Editore (Sposati e muori per lei). Il volume, con tono divertente e ironico, raccoglie osservazioni razionali di buon senso, rinforzate dalle indicazioni del Magistero, si limita a rappresentare uno stimolo a riflettere sull’amore e sulla vita per riscoprire la vocazione meravigliosa della donna, la cui prima vera grande rivalutazione si deve al cristianesimo cattolico. La questione assai grave è il silenzio scandaloso dei colleghi giornalisti, a prescindere dal contenuto dell’opera che può essere ritenuto più o meno confessionale. In seno alla vicenda nasce l’allarmante e mai sopita minaccia del reato d’opinione. Perché nessun organo di stampa, italiano e non, ha chiesto spiegazioni al Governo spagnolo la ragione reale di tanto accanimento davanti ad associazioni, partiti politici, intellettuali spagnoli che chiedono di ritirare il suo libro dal mercato? Sarebbe interessante comprenderne le ragioni reali perché quelle apparenti sono le più fantasiose: istigazione alla violenza sulle donne, l’incessante tentativo d’arresto verso il processo di parificazione al genere maschile et alii.
Reato d’opinione: ci risiamo. Un unico suggerimento ai cari cugini spagnoli: le vostre interrogazioni parlamentari riservatele a problemi seri e prendetevi l’incomodo di leggere un libro prima di fare figure tapine di simil fata. Buena lectura para usted, si usted puede entender lo que lee.








mercoledì 27 novembre 2013

PILI A GABRIELLI IN COMMISSIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI: TROPPE OMBRE SULLA CATENA DI COMANDO NELLE 15 ORE DI INFERNO IN SARDEGNA


PRIMA DI TUTTO RISARCIMENTI, RICOSTRUZIONE E RESPONSABILITA’

Attivare immediatamente servizio sms di protezione civile direttamente ai cittadini

“Per evitare nuovi immani tragedie bisogna capire sino in fondo cosa realmente è accaduto in Sardegna in quelle drammatiche 15 ore di inferno. Ci sono troppe zone d’ombre che vanno chiarite per venire a capo di responsabilità e competenze. Vanno esaminate ora per ora le fasi gestionali dell’evento considerato che il grado di allerta “elevata” prevedeva, in modo esplicito, il rischio di perdita di vite umane. Com’è stato possibile che in 15 ore non si sia stati in grado di monitorare in modo efficace e puntuale l’evoluzione meteo e le conseguenze idrogeologiche che si sarebbero verificate nell’evoluzione meteorologica? Non tutto può essere legato all’eccezionalità dell’evento ma sicuramente molte vittime potevano essere evitate proprio se la catena di comando avesse funzionato a dovere. Non si possono scaricare le croci sugli anelli deboli della catena, i Sindaci, anche perché molti fattori si sono generati in altri territori relativamente lontani da quelli dove ci sono state le vittime. E le responsabilità sono di ben altra natura”. 

Lo ha detto stamane il deputato sardo Mauro Pili intervenendo nel faccia a faccia con il Capo della protezione Civile Gabrielli in audizione in commissione infrastruttura e ambiente della Camera dei deputati.

“ La diga di Torpè – ha detto Pili intervenendo in commissione – era, per esempio, una criticità che non poteva passare in secondo piano. Dovevano essere adottate delle misure straordinarie, come il preventivo svuotamento della stessa, sin dalla prima allerta elevata della domenica. La competenza del servizio idrografico regionale nella gestione dei livelli degli invasi avrebbe dovuto obbligare l’immediata richiesta al servizio dighe nazionale per avviare sin da domenica lo svuotamento considerato che quell’invaso non dispone di scarichi di superficie. L’onda anomala che si è verificata in quel contesto ha provocato morti e distruzione. Non si può sottovalutare e ignorare il fatto che la catena di comando è stata in questo caso quanto meno inefficace, se non del tutto inesistente nella peggiore delle ipotesi. Il caso della diga di Torpè – ha detto Pili – non può essere in alcun modo nascosto, serve e si deve fare chiarezza”. 

“Le regioni che risultassero inadempienti e che non avessero adempiuto agli obblighi di protezione civile – ha proseguito Pili - devono essere commissariate immediatamente ed evitare reiterati vuoti nella catena di comando. Dall’entrata in vigore delle norme per la gestione della protezione civile in Italia, nel febbraio 2004, e l’attribuzione delle competenze alle Regioni sono passati quasi dieci anni senza che la Regione Sardegna si sia dotata di una legge sulla protezione civile e di una puntuale organizzazione della protezione civile in base alle indicazioni delle disposizioni nazionali”.

Un servizio di messaggistica diretta ai cittadini avrebbe salvato molte vite umane
“In questo senso – ha aggiunto Pili – bisogna intervenire anche in un processo di sussidiarietà orizzontale, non fermandosi al passaggio delle competenze dallo Stato alle regioni e da queste ai comuni. Occorre andare oltre mettendo i cittadini nelle condizioni di non subire le inadempienze istituzionali. Sarebbe bastato disporre di un efficiente e articolato servizio di messaggistica telefonica, in accordo con le stesse compagnie di telecomunicazioni, per dare ai cittadini dislocati nelle aree a rischio quelle indicazioni necessarie per prevenire con anticipo di ore il pericolo che si prevedeva e che ogni ora di più si stava generando in modo devastante. Per questo motivo, oltre alle questioni strategiche relative agli interventi strategici sul piano idrogeologico, sarebbe necessario che fosse proprio la protezione civile nazionale a prevedere un accordo con le compagnie di telecomunicazioni per garantire ai cittadini un servizio che consenta di intervenire con congruo anticipo rispetto ad un’allerta meteo di 24 ore prima e una durata dell’evento di 15 ore”

mercoledì 13 novembre 2013

L'EPTALOGO DI MAURO PILI SUL PIU' GRANDE DISASTRO AMBIENTALE IN TERRA SARDA

1) un gruppo di australiani nel 1996 inizia insieme alla Regione lo sfruttamento della miniera d'oro di Furtei;

2) a marzo 2009 la società fallisce, scappano i titolari lasciando devastazione ambientale e disastro economico;

3) a ottobre 2009 gli stessi signori della devastazione e del fallimento di Furtei ritornano in Regione. Trovano porte aperte. Nel 2010/ 2011 iniziano il nuovo progetto nel Sulcis. Fanno sondaggi, scoprono piombo e zinco nelle discariche.

4) I risultati restano segreti e progettano un piano di sfruttamento miliardario;

5) il valore del piano supera i tre miliardi e trecento milioni;

6) il 13 novembre 2013 rendo pubblico il piano: gli affari australiani sulla testa dei sardi con la complicità di qualche amico devono essere rispediti al mittente;

7) il piano di bonifica ambientale economica e produttiva deve essere in mano dei sardi, dei tecnici e dei lavoratori del Sulcis Iglesiente. Senza se e senza ma!

PILI: UN TESORO SEGRETO DI TRE MILIARDI DI EURO NASCOSTO NELLE BONIFICHE AUSTRALIANE DELLE MINIERE SARDE ORA UN PIANO SERIO PER RILANCIARE LE BONIFICHE PIOMBO E ZINCO CONTENUTI IN 100 MILIONI DI TONNELLATE DI STERILI I LAVORATORI, I TECNICI IGEA CON I DISOCCUPATI DEL SULCIS DEVONO GESTIRE IL PIANO


“Le discariche minerarie abbandonate del Sulcis Iglesiente Guspinese contengono Piombo e zinco per un valore di 3 miliardi e trecento milioni di euro. Un quantitativo che consente di progettare un piano economico di non meno di 15/20 anni rilanciando l’intero territorio. Qualcuno progettava segretamente di far gestire questo piano agli australiani con la complicità di forti amicizie con l’apparato regionale e qualche socio privato. Ora che tutto è scoperto, bisogna subito mettere in campo un grande progetto pubblico di bonifica economica dei territori del sud Sardegna. Fuori australiani e profittatori e coinvolgimento diretto di università e professionalità locali, lavoratori e tecnici Igea, disoccupati sardi per avviare un progetto imponente sia sul piano ambientale che della ricaduta economica con reddito sicuro per il territorio”.
Lo ha dichiarato il deputato sardo Mauro Pili che stamane ha trasmesso alla Camera dei Deputati il piano australiano, con tutti i dati tenuti segreti, per “ripulire” le vecchie discariche minerarie di piombo e zinco.
“Dal piano australiano e dopo le verifiche puntuali sul caso emerge con chiarezza che sulle miniere del Sulcis Iglesiente si stava mettendo in atto un piano di saccheggio di Piombo e zinco senza precedenti – denuncia Pili. Nelle miniere sarde gli australiani, con la complicità di “forti” amicizie nell’apparato regionale, stavano progettando un sacco miliardario di piombo e zinco contenuto in vecchie discariche di oltre 90 milioni di sterili accumulati dalle lavorazioni minerarie in 200 anni di estrazioni. Il piano segreto, conservato segretamente tra gli affari importanti degli eredi della Sardinia Gold Mining, esce per la prima volta allo scoperto in tua la sua imponenza. Gli australiani, quelli del fallimento della miniera d’oro di Furtei, avevano messo gli occhi su un vero e proprio giacimento miliardario di Piombo e zinco nel Sulcis Iglesiente. Tutto questo con la regia di viale Trento che attraverso l’Igea ha consegnato il passepartout delle discariche di sterili agli australiani di J. Morris, lo stesso della Sardinia Gold Mining, furbescamente fallita nel marzo del 2009 lasciandosi alle spalle un disastro ambientale senza precedenti. Ora che questo piano emerge dai cassetti della Borsa di Londra non resta che tradurlo in un vero e proprio piano produttivo estrattivo per la Sardegna. I dati contenuti nel report riservato della KingsRose Mining sono a dir poco straordinari. In pratica sono stati esaminati 20 siti con altrettante campagne di trivellazioni e carotaggi per rilevare la stratigrafia e valutare i tenori di Piombo e zinco, ma sono stati esaminati anche oro e argento rilevati. Si tratta di tenori importanti che fanno emergere risvolti economici impensabili per l’intero bacino del Sulcis Iglesiente”.
“Da un quantitativo di sterili pari a quasi 90 milioni di tonnellate si calcola di poter estrarre 490 milioni di kg di piombo e un milione e ottocento mila kg di zinco. Cifre rilevanti se quotate sul mercato di Londra alla valutazione di inizio settimana: per il piombo il valore calcolato è di 772 milioni di euro, mentre la cifra sale a 2 miliardi e 593 milioni per lo zinco. In totale un business da 3 miliardi e 365 milioni di euro. Cifre che lasciano comprendere la rilevanza del progetto e il segreto tenuto su tutta la vicenda”.
ORA UN GRANDE PIANO PUBBLICO PER BONIFICHE ECONOMICHE E PRODUTTIVE


“ La rilevanza di questi dati consente di predisporre un master plan di bonifiche ambientali produttive senza precedenti restituendo al territorio il maltolto sia sul piano economico che il danno provocato. Si tratta di un piano che con un valore di tre miliardi e trecento milioni può rimettere in marcia il sistema produttivo del Sulcis Iglesiente. Tre soggetti devono concorrere a questo progetto di rinascita del territorio: l’Igea, intesa come tecnici e i lavoratori, con un profondo cambiamento gestionale e societario, va modificata la ragione sociale per consentire la totale gestione del progetto dell’Igea, l’Università, ripristinando a pieno regime l’esperienza della Facoltà di scienza dei materiali e i giovani disoccupati del territorio che devono trovare risposte occupazionali concrete e non velleitarie nella corretta riabilitazione ambientale del territorio”.
“Tre i livelli di intervento – sostiene Pili. Verifica dei piani di campionamento, anche se i tecnici Igea hanno seguito direttamente le analisi degli australiani, avvio della progettazione economica-finanziaria e tecnica del Piano di Bonifica Economica Produttiva, entro un anno realizzazione degli impianti di flottazione per l’estrazione di piombo e zinco”.
“Da questo sventato saccheggio – conclude Mauro Pili - si può trarre un’opportunità strategica: riabilitare in termini ambientali il territorio con una valenza economica in grado di produrre ricadute economiche ed occupazionali rilevanti. Tutto questo dimostra se ce ne fosse bisogno della cecità politica di chi ha fatto chiudere l’università di Monteponi e di chi non ha proseguito quel filone di ricerca sui materiali avviato nel 1996. Oggi non c’è più altro tempo da perdere, fuori coloro che hanno architettato il saccheggio e subito un piano economico e gestionale di questa straordinaria opportunità per la Sardegna e il Sulcis Iglesiente”.


mercoledì 6 novembre 2013

PILI: UN PIANO AL CIANURO PER LA SARDEGNA IL FILO ROSSO TRA MR. MORRIS E LE ISTITUZIONI SARDE

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE DI MAURO PILI SUL DISASTRO A FURTEI E LE PERVERSE MIRE SULLE BONIFICHE MINERARIE 

Intervenga subito la protezione civile nazionale, rischio disastro ambientale elevatissimo

“Una vera e propria scalata alle bonifiche minerarie della Sardegna fatta a colpi di cianuro e “forti” rapporti con le istituzioni sarde. Un assalto in piena regola messo a punto nel dicembre del 2009 in ogni dettaglio con tanto di comunicazioni formali alla Borsa dei Metalli di Londra attraverso le trimestrali della neonata King Rose Mining, gestita dagli stessi che rasero al suolo e inquinarono Furtei e dintorni. E’ il verbale della trimestrale trasmessa alla Borsa di Londra a fare il resto. Questa la formula utilizzata per la fare la sostanziale comunicazione ai mercati internazionali: “Grazie ai forti rapporti con le istituzioni sarde siamo lieti di annunciare che sfrutteremo tutte le aree minerarie della Sardegna”. Con questa formula Mr. Morris, prima direttore della società che ha sventrato e inquinato Furtei e poi, nel dicembre 2009, candidato a gestire, d’intesa di fatto con la Regione Sardegna, con le stesse tecniche e stesse modalità al cianuro, annuncia il progetto per la separazione dei metalli pesanti dalle discariche delle aree minerarie della Sardegna. Si tratta di un piano tenuto segreto e giocato nelle borse internazionali dei metalli, nonostante la presenza degli australiani fosse stata notata e denunciata negli anni scorsi. Nessuno comprese il piano sardo-australiano-canadese che emerge oggi in tutta la sua gravità proprio dai report della Borsa di Londra trasmessimi in questi giorni dopo la denuncia del disastro di Furtei”.

I FALLITI DI FURTEI RITORNANO IN SARDEGNA PER UN PIANO SCELLERATO SULLE DISCARICHE MINERARIE
Lo denuncia in una articolata e dettagliata interrogazione il deputato sardo di Unidos Mauro Pili che con documenti alla mano ricostruisce una delle pagine più gravi dell’inquinamento ambientale e speculativo di questi ultimi anni in Sardegna.

CAMBIO CASACCA PER MR.MORRIS, DA SARDINIA GOLD MINING A KING ROSE MINING
“Il disastro di Furtei – dice Pili – è sotto gli occhi di tutti. Un lago di cianuro, montagne sventrate, fallimenti e fughe. A guidare quell’operazione c’è sempre stato un signore di mezza età che conosceva perfettamente tecniche e che aveva le chiavi d’accesso in tutti gli uffici della Regione. Tale Mr. Morris aveva guidato, guadagnando cifre stratosferiche, la miniera di Furtei poi miseramente fallita lasciando devastazione e inquinamento. La Regione viene chiamata a pagare i danni per conto dei signori falliti e scomparsi, otto mesi dopo quel fallimento, però, sempre la Regione Sarda mette in campo nuove relazioni con gli stessi soggetti del fallimento. Negli uffici della Regione e dell’Igea ricompare, dopo il fallimento, lo stesso Mr.Morris: cambia casacca per vestire le insegne della King Rose Mining. Obiettivo chiaro ed evidente: sfruttare le discariche minerarie a cielo aperto della Sardegna, partendo dal Sulcis, per estrarre a colpi di cianuro tutti i metalli presenti in quegli accumuli di sterili”.

OBIETTIVO PIOMBO E ZINCO A SUON DI CIANURO IL PIANO BIS DOPO IL FALLIMENTO DI FURTEI
“Nel Sulcis ci sono delle proteste per il tentativo di esautorare i tecnici dell’Igea a favore di quelli australiani. Ma il piano su scala internazionale funzionale alla scalata in borsa sfugge ai più. E’ la trimestrale del dicembre 2009 venuta alla luce dopo la denuncia sul lago di cianuro di Furtei a togliere ogni dubbio:
“La comunicazione formale alla Borsa – denuncia Pili - è firmata da Mr. Morris, lo stesso che guidava la miniera di Furtei. L’annuncio alla Borsa è esplicito: “Gli amministratori di King Rose Mining sono lieti di annunciare che l’azienda inizierà il lavoro di prefattibilità su un potenziale molto grande di sterili. Un progetto di ritrattamento di uno dei più grandi quartieri minerari in Europa. King Rose ha raggiunto in linea di principio un accordo con il governo regionale di Sardegna, Italia, per iniziare il lavoro su più depositi di sterili zinco piombo contenente un obiettivo tra 70-90.000.000 di tonnellate di materiale accumunato da oltre 200 anni di attività mineraria”.
Ecco il comunicato ufficiale della Kingsrose Mining Ltd trasmesso alle Borse da cui si evince il piano e la dimensione dello stesso predisposto dopo il fallimento della Sardinia Gold Mining:
“Per quale motivo, nonostante fosse già intervenuto il fallimento della Sardinia Gold Mining del marzo 2009, la Regione Sardegna, appena otto mesi dopo, ha consentito questa comunicazione alla Borsa di Londra? – chiede Pili nell’interrogazione parlamentare. Per quale motivo nessuno ha impedito il solo accesso di questo signore e di questa società negli uffici della Regione? Per quale motivo nonostante la Regione stesse stanziando denari per la bonifiche del misfatto è stata stipulata un’intesa con lo stesso Mr. Morris? A spiegare il motivo sono sempre le comunicazioni alla Borsa di Londra del dicembre 2009: “Kingsrose lavorerà a stretto contatto con l'agenzia del governo sardo , IGEA SpA ( Interventi Geo Ambientali – Geo Intervento Ambiente), l'organizzazione responsabile della gestione e la riabilitazione dei siti minerari chiusi su Sardegna. Kingsrose ha personale senior che ha esperienza nella gestione in Sardegna e che ha una forte rete di contatti governativi e societari”. 
“Cosa significa avere “una forte rete di contatti governativi e societari”? – chiede Pili al governo. Tutto questo costituisce un misfatto grave senza possibilità di giustificazione. Una vera e propria confessione di un filo rosso giocato sulla testa delle bonifiche e dei disastri ambientali”.

CON IL CIANURO PENSAVANO DI RIPULIRE LE DISCARICHE MINERARIE
“Da informative dirette – dichiara Pili - sono a conoscenza del fatto che gli australiani hanno effettivamente avviato le azioni di carotaggio in tutte le discariche a cielo aperto del Sulcis e che hanno svolto anche le prime analisi con i tecnici dell’Igea. Furono gli stessi tecnici sardi a constatare l’uso abnorme di cianuro per il possibile processo di lavorazione ed estrazione di piombo e zinco. E alla segnalazione dell’anomalia dei quantitativi di cianuro gli australiani dissero di essere esperti in questa materia. Qualcosa stava trapelando e le proteste per la presenza degli australiani nei cantieri furono sempre più insistenti. Una missiva riservata dell’assessorato dell’Industria suggerì l’allontanamento temporaneo degli australiani. Ma ora che dai verbali della borsa di Londra emergono date e comunicazioni formali si alza un velo gravissimo su tutta la vicenda”.

SARDINIA GOLD MINING FALLISCE A MARZO DEL 2009, MORRIS RICOMPARE IN SARDEGNA OTTO MESI DOPO PER IL NUOVO AFFARE
“Il fallimento della Società Sardinia Gold Mining S.p.a., è stato dichiarato in data 5.3.2009, la comunicazione alla Borsa di Londra per l’avvio dei progetti con la Regione Sardegna nelle aree minerarie dismesse è del 16 dicembre 2009. Chi ha portato gli australiani sulle bonifiche del Sulcis? Chi aveva rapporti “forti” con la Regione Sardegna tanto da dichiararli in pubblica Borsa di Londra? E come è stato possibile collaborare e affidare un progetto come quello minerario del Sulcis alle stesse persone che hanno raso al suolo Furtei, scappando dopo un fallimento sospetto senza bonificare niente? Chi ha consentito che questi signori uscissero gratis dal fallimento e rientrassero dalla porta principale della Regione per tentare l’ennesima speculazione?” “Si tratta – denuncia Pili nell’interrogazione Parlamentare - di un’operazione internazionale speculativa senza precedenti, giocata su false comunicazioni sociali, su relazioni non cristalline e su accordi sottobanco che dovrebbero indurre il Ministero degli Esteri e non solo ad approfondire come sia stato possibile che società estere potessero e possano operare con tanta disinvoltura in Italia tanto da presentare attraverso gli stessi personaggi un piano di sviluppo ex novo attivato grazie al via libera della Regione, già truffata dagli stessi con un buco finanziario senza precedenti a carico della Sardegna”.
“Non intendo replicare a nessuna delle dichiarazioni di esponenti politici che hanno parlato senza avere titolo e solo perché al servizio del padrone. Ho letto, invece, dichiarazioni di chi afferma di essersi dissociati dalla Sardinia Gold Mining, dopo averla guidata. Anche questa affermazione non merita commento. Resta il quesito su come sia stato possibile che gli stessi signori, Mr. Morris per esempio, siano ricomparsi nel dicembre 2009 e abbiano avuto il via libera dalla Regione per iniziare un’azione speculativa potenzialmente analoga a quella di Furtei? Si eviti di affermare di non conosocere. Oltre ad essere poco credibili si sarebbe immediatamente smentiti da documenti eloquenti contenuti negli stessi report a disposizione delle trimestrali della Borsa di Londra”.

INTERVENGA LA PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE SEGNALAZIONE ALLE AUTORITÀ INTERNAZIONALI
“Il governo nazionale non può stare a guardare e per questo motivo deve immediatamente:
1) far intervenire la protezione civile nazionale sul sito di Furtei, privo di qualsiasi guardiania e concreta messa in sicurezza considerato che il sottoscritto ha avuto accesso decine di volte in quest’ultima settimana nel lago di cianuro nelle campagne tra Furtei e Guasila senza che nessuno contestasse l’ingresso o lo impedisse ( documentazione video e fotografica);
2) verificare il totale abbandono del sito, il mancato avvio di qualsiasi tipo di seria bonifica del sito stesso, il pericolo imminente di tracimazioni legate al periodo invernale prossimo e attivare una verifica puntuale e una piena assunzione di responsabilità delle istituzioni;
3) verificare il rispetto delle normative nazionali considerato che già nel 2002 e 2003 il sottoscritto in qualità di Presidente della Regione dispose il piano delle bonifiche e la mappa dei rischi includendo proprio il sito di Furtei tra quelli potenzialmente inquinati a rischio di incidente rilevante classificato come attività a rischio di incidente rilevante ai sensi dell’art.6 e 8 del Dlgs 334/99;
4) segnalare alla Borsa di Londra la reale situazione dei rapporti societari tra la King rose Mining e istituzioni italiane al fine di evidenziare l’inesistenza di progetti seri e credibili sul territorio nazionale;
5) segnalare a tutte le autorità competenti il grave rapporto che viene dichiarato sulle comunicazioni sociali relativamente a “una forte rete di contatti governativi e societari” da millantare o dichiarare consorterie giocate sulla pelle dei sardi e dell’ambiente.
Conferenza Stampa Hotel Panorama, Cagliari 

venerdì 11 ottobre 2013

MAURO PILI. LA CULTURA NON E' DI DESTRA E NON E' DI SINISTRA

 
MAURO PILI e RITA LEVI MONTALCINI 

Mauro Pili e il mondo della Cultura.

Talvolta il passo dall’ideale all’ideologia è brevissimo. Ci si rende conto in particolar modo osservando quello iato prodigioso che sicuramente si crea quando all’orizzonte politico si profila con maggior nitore l’obiettivo elettorale. Allora si acuisce l’aspetto filantropico di tanti esponenti attivi, specie dell’ultimo’ora, quelli tanto velleitari quanto poco pragmatici, quelli che minimizzano il passato trascurando che l’escamotage culturale è una cartuccia che, più o meno insistentemente, hanno giocato tutti in passato, e in un passato abbastanza recente. Da attori culturali, in qualità di Insegnanti, ma prima ancor da Ricercatori storico scientifici ci appassiona sondare quale sia il mood reale degli operatori culturali Sardi circa lo scenario politico di questi giorni. Il nostro piccolo sondaggio - limitato al solo ambito culturale, quello che ci compete -  conferma quanto è sotto gli occhi di tutti l’interesse dell’on. di Unidos Mauro Pili.
-          «Mauro Pili ha un dono particolare nel riuscire ad unificare quella che noi chiamiamo Cultura di Destra e cultura di Sinistra», questa è l’opinione di I. Z. neo laureato in lettere, tessera PD che si dice colpito da alcuni incontri pubblici di Pili durante i quali il deputato di Unidos «è riuscito a citare con ferree argomentazioni sia Lussu che Gramsci. Vorrei vedere quanti dall’altra parte, che poi è la mia e mi piange il cuore a dirlo, dimostrerebbero tanta apertura di vedute».
-          «Mauro Pili meriterebbe un monumento: è riuscito a restituire Grazia Deledda agli Italiani! - dichiara un gruppo di bibliotecarie del capoluogo – ci ha colpito il suo modo di dare nuovo nerbo alle istanze tradizionali della nostra cultura, quali patria, religione, famiglia, in una parola il suo modo di ricordare le imprese capitali della Brigata Sassari. Dovete sapere che come operatori culturali veniamo spesso scippati da personaggi in vista che fagocitano i nostri progetti battezzandoli come propri. Questo non va bene. Ciò che ci piace di Pili è che non ha una posizione pregiudiziale e sotto il profilo culturale sa capire cosa è bene, sia che si tratti di contenuti e figure che la consuetudine sarda vuole di Destra o di Sinistra».

Ben due punti nevralgici sono stati toccati dagli intervistati: la cultura non è di Destra e non è di Sinistra e la triste moda basso culturale che si delinea ultimamente: quella di fare dell’ironia attorno all’eroicità delle azioni dei Sassarini.
La cultura non è di Destra, la cultura non è di Sinistra, questo è ciò che dimostra nei fatti l’impegno culturale, non esattamente da ascriversi a mirabolanti disegni elettorali dell’ultim’ ora, del deputato Unidos. Unidos: uniti nell’intendersi parte unita di un unico progetto, anzitutto culturale. Al di là dell’uso residuale, da un punto di vista politico di basso profilo, che si può fare di una simile dicotomia culturale, da sempre considerata da Pili più ideologica che reale,  occorre una volta per tutte osservare che chi cerca di attaccare con l’arma spuntata del sarcasmo i valori identitari di un popolo per crearne di altri sta ipotecando il futuro di una generazione soltanto nel tentativo di far passare inosservata la propria inattitudine alla pratica della res publica, vuole dissimulare goffamente la propria mancanza di formazione ad un passo dall’analfabetismo civico di ritorno. È cosa recente, infatti, il proliferare di una moda basso culturale che sbeffeggia in mille modi il valore identitario di Dio, Patria e Famiglia. Ci chiediamo, con preoccupazione crescente, perché? Perché riescono meglio alcune boutade estemporanee? Forse perchè si crede che svuotando la mente dei giovani da valori solidi è più facile riempirla di segatura facilmente manipolabile all’uopo? È giusto, ci chiediamo, essiccare in un popolo l’attaccamento alle proprie eroiche origini cercando di convincerlo che i giovani soldati della Brigata Sassari versarono inutilmente il proprio sangue come dei burattini acefali? Non è questo il luogo per approfondire il maldestro uso delle categorie storiche che sfociano in vergognosi giudizi anacronistici di chi professa l’esistenza di una cultura tassativamente bipolare, creando, o cercando di creare, di fatto, una virtuale scissione tra autori e tradizioni di pensiero che non necessariamente dicono quanto viene strumentalmente divulgato.
La questione è questa: il tema identitario è affare serio sebbene venga ciclicamente sfruttato a scopo personalistico, per smerciare libercoli di scarsa attendibilità storica, o a scopo politico, da velleitari di ultima genitura, e si sa, i figli dell’amore troppo maturo danno spesso i loro dolorosi problemi.

Ilaria Muggianu Scano - Mario Fadda






Nobel 2013 per la Letteratura alla Maestra di storie brevi Alice Munro

(AGI) - Stoccolma, 10 ott. - Il premio Nobel Letteratura 2013 e' andato alla scrittrice canadese Alice Munro "maestra delle storie brevi contemporanee". Lo ha annunciato l'Accademia Reale di Stoccolma. E' molto raro che viene consegnato il Nobel della letteratura a una scrittore di storie brevi. Nata a Wingham, in Ontario, nel 1931, Munro, 82 anni, e' considerata uno dei maggiori scrittori di racconti vivente. La sua prima raccolta, La danza delle ombre felici, pubblicata nel 1968, vinse il Governor General's Award. Lo stesso premio le fu conseguito per le successive raccolte, Chi pensi di essere" del 1978, e "Il percorso dell'amore" del 1986. Nel 1994 e' stata nominata membro dell'Ordine dell'Ontario e nel 2010 Dama dell'Ordine francese delle Arti e delle Lettere. E' stata anche ribattezzata il 'Chekhov' canadese, per le sue storie intime e delicate, studio psicologico di personaggi e di ambienti, dominati dall'introspezione e dalla simbologia. "Sapevo che ero tra i candidati, ma non avrei mai pensato di vincere. Sono tremendamente sorpresa". Alice Munroe, raggiunta telefonicamente da The Canadian Press, ha espresso tutto il suo stupore per il premio Nobel della Letteratura appena assegnatole dall'Accademia Reale di Stoccolma. L'Accademia aveva tentato di darle personalmente la bella notizia ma non l'aveva trovata e le aveva lasciato un messaggio sulla segreteria telefonica. Le' stessa aveva per due volte annunciato il suo ritiro dalla scene letterarie. La prima volta l'aveva annunciato nel 2006, ma poi aveva pubblicato la sua ultima storia "Dear Life". La scorsa estate era tornata a ripetere la sua intenzione di mettere a riposo la penna. "Non ci saranno alte storie dopo "Dear Life". Potete scommetterci".
  Munro e' la seconda persona di orgine canadese a vincere l'ambito riconoscimento letterario, il primo fu Saul Bellow nel 1976 che pero' aveva quasi sempre vissuto negli Usa ed era considerato un autore americano. "Sono stupefatta e allo stesso tempo grata - ha fatto sapere in un comunicato divulgato dal suo editore Douglas Gibson - e sono particolarmente contenta che questo premio fara' felici molti canadesi". Alice Munro e' la tredicesima donna che ha ricevuto dal 1901, anno della sua istituzione, il premio Nobel della Letteratura. Nel 1926 fu Grazia Deledda a riceverlo, ma la prima in assoluto fu la svedese Selma Ottilia Lovisa Lagerlof. Dopo di lei seguirono la norvegese Sigrid Undset nel 1928, la statunitense Pearl Buck nel 1938, la cilena Gabriela Mistral nel 1945, nel 1966 la tedesca Nelly Sachs, la francese Nadine Gordimer nel 1991, l'afroamericana Toni Morrison nel 1993, la polacca Wislawa Szymborska nel 1996, l'austriaca Elfriede Jelinek nel 2004, la britannica Doris Lessing nel 2007, la tedesca Herta Muller nel 2009. (AGI) .

giovedì 10 ottobre 2013

Montecitorio. MAURO PILI CONTRO I POTERI FORTI: Il coraggio e la coerenza della Politica Nuova di Unidos.

MAURO PILI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, avrò modo, intervenendo su questo provvedimento, di spiegare le ragioni per le quali ho deciso, nei giorni scorsi, di votare contro la fiducia a questo Governo. È evidente che ci sono elementi in questo provvedimento, in questo decreto, che non solo confermano le ragioni di fondo, ma anche una scelta, politica, di non condividere le strategie economiche, le azioni, strabiche, di questo Governo verso alcune parti importanti del nostro Paese, che eludono questioni fondamentali, come quella della coesione, del riequilibrio e, mi consenta, signor rappresentante del Governo, delle intromissioni dei poteri forti, che condizionano radicalmente l'azione anche di questo Governo. 
Credo che sia necessario per esaminare questo provvedimento guardare la prima parola che voi riproducete nel titolo del decreto, ovvero l'urgenza, cioè ponete alla base di questo provvedimento il tema dell'urgenza. Insieme a questa, però, emerge la precarietà e la totale inconsistenza, strategica ed economica, di questo provvedimento. Quando parlate di urgenza, rappresentate nel modo più plastico, più evidente, la totale assenza di una strategia politica, che emerge in tutto il provvedimento; un rincorrersi di provvedimenti, oggi sospesi, domani annunciati, che fanno di questo Governo un Governo dei rinvii, incapace di affrontare, così come avrebbe dovuto – un Governo di larghe intese, di grande disponibilità politica del Parlamento – sostenere scelte radicali per il nostro Paese.
Da anni, e questi ultimi Governi – quello tecnico prima delle larghe intese e quello politico dopo – hanno abusato e lautamente utilizzato il termine «urgente». Monti usò il termine «urgente» per imporre, anticipandola, l'IMU rispetto alla previsione del 2014, ma anche l'introduzione dell'IMU per la prima casa in contraddizione con i provvedimenti precedenti. Letta usa, dal suo canto, la corsia d'urgenza, anch'essa del decreto, per togliere l'IMU e per introdurre e cambiare nome con la service tax. La sostituzione dell'IMU con la service tax è la rappresentazione evidente, più eloquente di un Governo che diventa di fatto inadeguato a dare risposte strategiche e lungimiranti per il nostro Paese e per alcune parti del Paese che sono marginali e che vengono marginalizzate da questo tipo di atteggiamento. 
Un Governo che tappa un buco, facendone, per tapparlo, uno più grande non in grado di dare una risposta compiuta al tema, strategico del Paese, che tutta l'economia mondiale affronta e, cioè, quello del debito pubblico. Noi continuiamo a perseguire la politica del tappabuchi, senza affrontare, invece, la questione centrale del debito pubblico e, anzi, la eludiamo, forse, per ragioni che, come dicevo prima, appartengono più ai poteri forti che a quelli, invece, del buon governo e del governo della cosa pubblica. Un Governo che brancola nel buio: ci sono elementi cardine di questa azione che, apparentemente, viene descritta anche nei contesti internazionali, come di un Governo decisionista; in realtà, se uno affronta e guarda dentro i singoli provvedimenti, si accorgerà che, invece, c’è una totale continuità con chi ha elargito miliardi e miliardi alle banche per tappare i buchi delle banche stesse, senza, invece, occuparsi di tappare quel grande buco del debito pubblico del nostro Paese. 
Un Governo che cambia il nome alle tasse, ma che le conferma e le aumenta come si è visto in queste ultime settimane per quanto riguarda la stessa IVA che avrà un'incidenza, anch'essa, sul sistema economico del Paese, dei consumi e, conseguentemente, delle produzioni assolutamente rilevante. Così com’è evidente che siamo un caso rarissimo nel contesto internazionale; siamo uno Stato che usa il debito per incrementare il debito.
Notoriamente il debito deve essere un investimento del Paese per uscire dalla morsa stessa del debito; nel nostro Paese, invece, siamo riusciti a ingenerare un sistema per cui il debito ha incrementato il debito stesso. In 15 anni, e quindi non contestualizzo, siamo riusciti ad abbattere il debito solo del 17 per cento rispetto al PIL, per intenderci poco più dello 1 per cento all'anno. Nel 2010 abbiamo pagato 70 miliardi di euro di interessi rispetto al debito pubblico, nel 2011 abbiamo pagati 80 miliardi di euro, nel 2012 90 miliardi di euro e nel 2013 abbiamo sfondato il muro dei 90 miliardi di euro di interessi all'anno. Basta solo un dato per capire di cosa, concretamente, stiamo parlando. Stiamo parlando di un rapporto, per esempio, con il Servizio sanitario pubblico. Noi paghiamo ogni anno 130 miliardi di euro di sanità pubblica, di Servizio sanitario nazionale; oppure, il gettito dell'IVA: 102 miliardi di euro di IVA; noi consumiamo il prelievo fiscale dell'IVA totalmente per pagare il debito attraverso il pagamento degli interessi. 
Quindi, una rilevanza che in questo provvedimento dimostra ancora una volta che non vi è la capacità di affrontare la questione quando ci sono riserve come quelle che si sono sentite in questa Aula rispetto al taglio dell'IMU, che può esser una visione ideologica da una parte e dall'altra, ma che concretamente serviva per rimettere nelle tasche dei cittadini italiani denari per incrementare i consumi e conseguentemente dare delle risposte in termini di produzione in un sistema economico che si rimette in marcia. 
In realtà, questo provvedimento d'urgenza che oggi esaminiamo, è un provvedimento che si inquadra nella consuetudine di questi ultimi decenni cioè del finto, consueto e consunto gioco dei conti pubblici delle tre carte. Qua metto, qua tolgo e viceversa. Oggi, il risultato è eloquente, si può guardare con numeri che sono nella loro rilevanza assolutamente drammatici per il nostro Paese. Il risultato è che abbiamo messo più tasse che hanno significato meno consumi, meno consumi hanno significato meno produzione, meno produzione ha significato meno prodotto interno lordo, meno prodotto interno lordo ha significato meno entrate, meno entrate hanno significato più debito, più debito ha fatto, come risultanza, più tasse. È evidente che siamo di fronte a un risultato politico,
strategico, a un percorso di questi mesi; la continuità con il Governo Monti, per quanto mi riguarda, è eloquente, anche nella mia scelta politica, sia allora che oggi di confermare la mia contrarietà a questo tipo di azione priva di strategia, di lungimiranza, di faro che possa tracciare una strada, una via d'uscita per la ripresa economica del nostro Paese. 
Manca in questo provvedimento – considerato che rimandiamo anche una ennesima rata su cui disporre e decidere e su cui la contesa politica ancora si concentrerà – la volontà di affrontare, lo ribadisco, i temi centrali della ripresa economica e si porrà ancora il tema dell'IMU fra qualche settimana, fra qualche mese. Manca cioè l'inversione di tendenza, quella che un Governo di larghe intese avrebbe dovuto proporre al Paese e proporre per svincolarsi da quei condizionamenti e quelle pressioni non soltanto interne che arrivano dai poteri forti e dalle banche, ma anche e soprattutto da quelle internazionali, da quei Paesi che vorrebbero continuare a mantenere il cappello sulle decisioni di questo Parlamento e del nostro Paese.

Serviva un piano straordinario per abbattere il debito pubblico, questo io non mi stancherò in quest'Aula di ribadirlo, di ripeterlo, perché credo che ci siano le condizioni per farlo, ma si tergiversa solo per continuare ad avallare politiche che in qualche modo sono tutte funzionali al sistema bancario, al sistema del credito internazionale, a quel condizionamento che noi continuiamo a subire. Bastano due dati: sono stati censiti tutti gli atti parlamentari di audizioni dell'Agenzia del demanio e si parla di 1.700 miliardi di euro di beni patrimoniali del nostro Stato. 
Ipotizziamo che tutti i 1.700 miliardi di euro non siano spendibili, non siano utilizzabili e non siano vendibili, ma è altrettanto vero che se questo dato, 1.700 miliardi, è comparato con i 2 mila miliardi di euro di debito pubblico è facile pensare che si possa rinvenire nei 1.700 miliardi una quota, per esempio 300-350 miliardi – come dicono esponenti di primo piano dello stato finanziario ed economico che hanno avuto anche grande ruoli, cito per tutti il Ragioniere generale dello Stato, Monorchio, che ha detto che la cifra di 300-350 miliardi sarebbe quella ottimale per riportare il rapporto debito-PIL sotto il 100 per cento – se si ha il coraggio di fare azioni strategiche, come per esempio quella di immettere sul mercato, anche attraverso società quotate in Borsa, con l'apporto non solo di capitali pubblici, ma anche di quelle società correlate – cito per tutti L'ENEL, cito per tutti l'ENI, cito per tutti Finmeccanica –, società che hanno capacità e che costituiscono la polpa del sistema produttivo del nostro Paese e che invece non hanno la capacità di incidere su questo sistema. 
Ebbene, lì si potrebbe intervenire, dicono i tecnici, dicono gli economisti, per abbattere gli interessi da 90 miliardi all'anno tagliandoli di 15-18 miliardi di euro all'anno. Ecco, qui è il tema dell'IMU, perché porre in essere un'azione fondamentale sul piano economico significava tagliare il debito pubblico, significava mettere in condizione non di ottemperare a un disposto da campagna elettorale per cui restituiamo l'IMU; il concetto fondamentale era quello di dire: restituiamo i 4 miliardi dell'IMU, tagliamo i 4 miliardi dell'IMU del 2013 sulla prima casa e consentiamo ai cittadini italiani di far
ripartire, per quanto di loro competenza, la spesa, i consumi, e conseguentemente le produzioni; conseguentemente far partire, però, un piano infrastrutturale del Paese, a partire dalla banda larga, che in qualche modo oggi è il tema nevralgico di un Paese che è in ritardo e che non riesce ad affrontare in termini cogenti i temi dello sviluppo innovativo e moderno del Paese e, aggiungo, di riequilibrio del nostro Paese. 
Ci sono aree del Paese – cito soltanto un dato del riparto dei fondi infrastrutturali del nostro Paese – dove si evince la disparità di trattamento. Non c’è un problema di risorse finanziare, c’è una discriminazione palese nella gestione delle risorse finanziarie, basti soltanto un dato: un cittadino della regione Calabria ha preso in questi ultimi 15 anni, in termini pro capite, 23 mila euro di infrastrutture, un cittadino sardo ne ha presi 3.400. Il tema non è che non ci sono le risorse, il tema è che vengono ripartite e spartite su altri tavoli dove la coesione e l'equilibrio del nostro Paese è assolutamente assente. 
E il Documento economico-finanziario approvato nei scorsi da questo Parlamento ne è la dimostrazione ancora lampante della conferma di una prassi ormai consolidata di gestire i fondi pubblici infrastrutturali e di coesione in maniera assolutamente discriminatoria. 
Di tutto questo, però, di questo piano straordinario, non c’è traccia. Non si pone il problema di chi non lavora. Il tema oggi è il cuneo fiscale, che riguarda chi lavora, ma il tema di chi non lavora o di chi è uscito dal sistema del lavoro non può essere risolto soltanto con il cuneo fiscale. Bisogna far ripartire l'economia, e questo si può fare soltanto con un'azione da piano Marshall che possa davvero mettere in campo, così come hanno sostenuto economisti di grande valore nazionale ed internazionale, la partita fondamentale dell'investimento in questi momenti di contrazione grave e di recessione economica. Quindi, bisogna cambiare la strategia: non tasse, ma investimenti in grado di dare risposte alla ripresa produttiva del nostro Paese. Ma a questo vorrei permettermi di aggiungere una partita tutta costituzionale rispetto a questo decreto, che per quanto riguarda il tema delle regioni a statuto speciale conferma la visione strabica, gravemente illegittima sul piano costituzionale, di questo Governo così come del precedente.
Ciò perché, nel momento in cui si introduce, si taglia una parte dell'IMU ma si introduce la service tax, non si tiene conto di quei dispositivi che la Corte Costituzionale ha messo nero su bianco e che l'Avvocatura dello Stato, difendendosi dal ricorso, per esempio, della regione Sicilia e quello più tardivo della regione Sardegna, che hanno posto in essere un richiamo pregiudiziale in cui la Corte Costituzionale ha detto: «Ne consegue l'inapplicabilità dell'IMU alla regione ricorrente (...) perché non rispettoso dello statuto d'autonomia» e, dice la Corte Costituzionale in maniera puntuale nella decisione n.64 del 7 marzo del 2012, che: «il concorso con le regioni a statuto speciale deve avvenire solo attraverso norme di attuazione»; perché lo Stato chiede le norme di attuazione per dare i soldi alle regioni a statuto speciale e non le chiede quando invece li deve prelevare, li deve in qualche modo sottoporre ad una procedura che è sul piano costituzionale da impugnare immediatamente. 
Io ho chiesto ripetutamente con atti di sindacato ispettivo, con una lettera personale al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio, che si mettesse in conto la decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l'IMU per le regioni a statuto speciale e in particolar modo per quelle regioni dove la coesione, il riequilibrio erano evidentemente traditi, appunto, dall'atteggiamento che richiamavo prima sul fronte strategico della coesione e della mancata discriminazione per il nostro Paese. 
E poi c’è la partita degli ammortizzatori sociali, una partita non pianificata, una partita che sta diventando un onere sociale giorno dopo giorno sempre più rilevante, che è funzionale anch'essa a drogare il sistema perché non si tiene conto, e cito per tutti, il fallimento politico, economico, industriale di questo Governo e del precedente rispetto a partite industriali come quello della Sardegna e del Sulcis in particolar modo. 
L'Alcoa è stata chiusa e non si è riusciti a trovare una partita che consentisse all'ENEL o che obbligasse l'ENEL, con strumenti di persuasione o di obbligo legislativo, a fornire un contratto bilaterale che consentisse per 15 anni di avere energia a basso costo o meglio a costo uguale a quello degli altri Paesi europei. 
Ebbene, noi a fronte di ciò che abbiamo perso con la chiusura di quella fabbrica, sia in termini di prodotto interno
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lordo sia di produzione su una materia prima come quella dell'alluminio nel settore automobilistico, cito soltanto questo per non andare oltre, abbiamo messo invece in campo un'azione di ammortizzatori sociali, cioè abbiamo detto a quei lavoratori: preferiamo dare un sostentamento assistenziale a voi piuttosto che obbligare l'ENEL, guarda caso ENEL, sponsor primario di fondazioni politiche legate al Presidente del Consiglio e a tanti suoi amici, che viene finanziata proprio dall’ ENEL, dall'ENI e da quant'altri. 
Io mi domando: il Presidente del Consiglio deve tutelare l'ENEL e l'ENI o deve intervenire su una partita rilevante come quella occupazionale, come quella necessaria per dare risposte non in termini assistenziali? Perché, poi, il 31 dicembre scadranno i termini anche assistenziali per quei lavoratori del Sulcis costretti alla cassa integrazione. Ebbene, questo provvedimento riporta un ulteriore incremento dei denari necessari per gli ammortizzatori sociali, necessari e indispensabili; ma è indispensabile la doppia corsia, dove si affrontano i temi sociali ma si affronta anche la partita della ripresa economica, della capacità di far ripartire sul piano industriale questo Paese perché l'economia si regge non sull'incremento delle tasse ma sulla capacità di far ripartire la produzione, perché solo attraverso la produzione ci può essere la dignità dell'uomo, del lavoratore e la ripresa di quel rapporto che invece si è interrotto con regioni come la Sardegna, che è stata anche in questo provvedimento tradita da un provvedimento incostituzionale e illegittimo perché viene meno lo statuto autonomo della nostra isola.